«Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima». La frase che chiude la poesia di Cristina Torres Cáceres, attivista peruviana, è un grido che fa male. Ma è anche la speranza di un cambiamento. L’intero componimento, dedicato dalla poetessa a tutte le vittime di femminicidio in America Latina, sta rimbalzando sui social dopo il ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, la vittima numero 105 di femminicidio in Italia dall’inizio dell’anno: uccisa a soli 22 anni dal suo ex fidanzato.
Siamo a un nuovo 25 novembre di lutto. E non sappiamo più che cosa dire. Abbiamo condannato gesti e culture patriarcali, abbiamo invocato punizioni esemplari, abbiamo urlato alle nostre figlie e a noi stesse di stare attente. Abbiamo chiesto agli uomini di indignarsi al nostro fianco, di respingere una condanna di genere, di farsi sentire. Qualcuna magari si è fatta venire un subdolo dubbio: sarò stata io, cosa avrò fatto per provocare tutto questo.
In Italia, solo nel 2023, sono state 106 le vittime di femminicidio. 106 donne uccise per essere tali, per mano di uomini. Tutto perché non si rassegna alla fine del rapporto e al no di una donna che non ci sta più. Molte volte l’omicidio, anzi il femminicidio, si consuma dopo che la vittima ha ripetutamente denunciato l’uomo e ha cercato di proteggersi in ogni modo possibile; altre volte, invece, la violenza ha una forma strettamente privata tra le mura di casa, prolungandosi per settimane o mesi, concludendosi nel modo più feroce possibile
Il femminicidio di Giulia ha reso impossibile restare in silenzio davanti a tutto questo. E anche se «lo sapevamo tutte» la morte di questa giovane donna ha suscitato una risposta compatta, un’indignazione rabbiosa, un desiderio collettivo di reazione che si è manifestato con la condivisione, anche da parte della sorella di Giulia, dei versi della poesia di Cáceres: «Se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima».
Negli ultimi anni queste frasi sono state spesso scritte sui cartelloni delle manifestazioni di protesta del movimento femminista Ni una menos, nato in Argentina nel 2015, e della sua espressione italiana Non Una Di Meno (NUDM), oltre che in numerosi post online. È molto usata anche la variante «se domani non torno, brucia tutto», citata da Elena Cecchettin, sorella di Giulia, in una lettera al Corriere del Veneto: «Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto».
Torres-Cáceres aveva scritto il testo nel settembre del 2017, dopo il femminicidio di Mara Castilla, una studentessa di 19 anni uccisa a Puebla, in Messico, dall’autista di un servizio di noleggio con conducente a cui si era rivolta per tornare a casa dopo una serata con gli amici. Il nome di Castilla è uno di quelli che compaiono tra parentesi: sono tutti nomi di donne vittime di femminicidio. Nella versione originale il testo non ha un titolo, ma oggi è noto come “Se domani non torno” e se ne parla come di una poesia.
Nei mesi successivi moltissime donne avevano condiviso e usato il testo di Torres-Cáceres nelle manifestazioni contro la violenza sulle donne, anche senza sapere chi ne fosse l’autrice, prima nei paesi sudamericani e successivamente anche in Italia. «So da un po’ di tempo che il testo gira per il mondo, e mi sembra incredibile», continua Torres-Cáceres: «So che è arrivato in Italia perché varie amiche mi hanno scritto per dirmelo, per chiedermi il permesso di usarlo o per raccontarmi che reazione aveva suscitato in loro. L’impatto che è riuscito ad avere su così tante persone continua a sembrarmi sorprendente».
Il testo è diventato il manifesto di questo 25 novembre, giorno in cui celebra la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne istituita dalle Nazioni Unite. La data ricorda il 25 novembre 1960, giorno in cui tre attiviste politiche della Repubblica Dominicana, le sorelle Mirabal, vennero violentate e uccise da uomini dell’esercito dominicano durante la dittatura di Rafael Trujillo.
La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la quale ha sancito l’internazionalizzazione della data del 25 novembre per commemorare le donne vittime di violenza di genere. Secondo l’Articolo 1 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, emanata dall’Assemblea Generale nel 1993, la violenza contro le donne è «qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata». E nella stessa dichiarazione si riconosce la matrice storica, sociale e culturale della violenza di genere: «Il femminicidio è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro, e ha impedito un vero progresso nella condizione della donna».