Ismail Haniyeh, leader di Hamas, è stato ucciso a Teheran nella notte tra martedì e mercoledì con una delle sue guardie del corpo. Era andato nella capitale iraniana per assistere al giuramento del neopresidente della Repubblica Islamica, Masoud Pezeshkian. Hamas ha detto che il suo capo politico è stato ucciso in un attacco aereo compiuto dalle forze armate israeliane. Israele per ora non ha fatto comunicazioni sull’attacco.
Haniyeh aveva 62 anni e viveva fuori dalla Striscia di Gaza dal 2017, il momento della sua nomina a capo politico del gruppo: viveva principalmente in Qatar, da cui coordinava le attività politiche e diplomatiche di Hamas. Soprannominato Abu Abed, era nato in un campo profughi di Chatti, vicino Gaza, da una famiglia originaria della città di Ashkelon, nel sud di Israele, costretta poi a fuggire.
Haniyeh, oltre che capo politico di Hamas, in questi mesi era stato anche il più importante negoziatore palestinese nelle trattative per un cessate il fuoco che si sono tenute in numerose sessioni soprattutto tra Egitto e Qatar. Nonostante la sua retorica molto dura, anche a causa del fatto che la sua autorità era lontana dai luoghi in cui Hamas opera quotidianamente, Haniyeh era considerato dai leader di diversi paesi un interlocutore relativamente più pragmatico e moderato rispetto ai leader dell’ala armata di Hamas, che governa dentro alla Striscia di Gaza e che ha pianificato l’attacco contro i civili israeliani del 7 ottobre.
L’incarico formale di Haniyeh era quello di capo del Politburo di Hamas, il consiglio di 15 membri che prende le decisioni politiche all’interno del gruppo radicale, e che ha sede in Qatar. Formalmente è l’organo più importante di tutta l’organizzazione, anche se la sua lontananza dalla Striscia di Gaza, dove Hamas governava, e dalla Cisgiordania, dove opera quotidianamente, rendeva la sua influenza tutto sommato limitata, e non sempre è chiaro chi prendesse le decisioni più importanti dentro al gruppo. Per esempio non è ancora chiaro quanto Haniyeh avesse partecipato all’organizzazione e all’ideazione degli attacchi del 7 ottobre 2023 contro i civili israeliani.
Haniyeh è stato una delle figure principali di Hamas negli ultimi trent’anni. Nacque nel 1962 nel campo profughi di Shati, nella Striscia di Gaza, dove andò anche all’università, e si unì ad Hamas quando il gruppo fu fondato ufficialmente nel 1987 durante la prima Intifada, un periodo di proteste di massa, boicottaggi e azioni violente della popolazione palestinese contro l’occupazione israeliana. Negli anni successivi Haniyeh si avvicinò molto al fondatore dell’organizzazione, Ahmed Yassin, di cui divenne il segretario personale. Nel 2004 Yassin fu ucciso in un attacco mirato dall’esercito israeliano. Poco dopo, nel 2006, Haniyeh fu nominato capo di Hamas nella Striscia di Gaza. In quell’anno divenne primo ministro dopo che il gruppo vinse le elezioni per eleggere il Consiglio legislativo palestinese (il parlamento della Palestina), tenute in seguito al ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza. Il governo crollò poco dopo, e a Gaza cominciò una lotta violenta tra Hamas e Fatah, la fazione palestinese più moderata che governa la Cisgiordania, e che portò all’espulsione di Fatah dalla Striscia. Da allora nella Striscia di Gaza non ci sono più state elezioni.
Haniyeh rimase capo di Hamas a Gaza fino al 2017, quando lasciò la Striscia per assumere il ruolo di capo del Politburo. In questi anni Haniyeh ha avuto un ruolo importante nella strutturazione di Hamas e nell’accrescere le sue capacità di combattimento, specialmente grazie all’alleanza con l’Iran, che sostiene politicamente e militarmente il gruppo.