Trenta taser per la sicurezza di undici città. È arrivato il decreto che dà il via alla sperimentazione del taser, la pistola elettrica che sarà data in dotazione alle forze dell’ordine come annunciato nelle scorse settimane dal ministro dell’Interno Matteo Salvini: «È un’arma di dissuasione non letale e il suo utilizzo è un importante deterrente soprattutto per gli operatori della sicurezza che pattugliano le strade e possono trovarsi in situazioni borderline, dove una misura di deterrenza può risultare più efficace e soprattutto può ridurre i rischi per l’incolumità personale degli agenti». Il taser di fatto verrà dato in dotazione ai poliziotti, ai carabinieri e alla Guardia di Finanza. Le prime undici città in cui verrà sperimentato questo dispositivo sono Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi. L’Italia di certo non è il primo Paese in cui viene usata questa arma. Il dispositivo è già in dotazione alle forze di polizia di circa 107 Paesi, tra cui Canada, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Kenya e in Europa in Finlandia, Francia, Germania, Repubblica Ceca, Grecia e Regno Unito.
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LA FASE DI SPERIMENTAZIONE. Un gruppo interforze in questa prima fase avrà il compito di addestrare gli agenti e i membri delle forze dell’ordine all’uso del taser. I dispositivi da acquistare per ora sono trenta. La sperimentazione sarà affidata alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri e alla Guardia di Finanza lasciando fuori in questa prima fase la Polizia penitenziaria. Il Garante dei detenuti nella sua relazione annuale ha sottolineato come il taser sia «uno strumento che richiede molta più cautela di quanto la sua definizione di non letalità lasci presupporre». «Il beneficio derivante da un minor utilizzo delle armi letali – avverte il Garante – è controbilanciato da alcuni elementi negativi non trascurabili: i potenziali rischi di abuso; la sofferenza provocata dalla scarica elettrica alla quale è associato, oltre alla perdita di controllo del sistema muscolare, anche un dolore acuto; le ulteriori conseguenze di tipo fisico dal momento che la persona colpita dal taser normalmente rovina a terra e quindi può provocarsi lesioni alla testa o a altre parti del corpo. Nei casi più gravi, infine, la morte per arresto cardiaco o conseguenze, per esempio, sulla salute del feto nel caso di donne incinte».
I RISCHI DEL’ARMA. Proprio per limitare i rischi il taser in dotazione alle forze dell’ordine italiane sarà caratterizzato da un amperaggio ridotto, con scariche ancora più corte rispetto ai cinque secondi dei modelli classici, e predisposte in modo da cessare automaticamente senza bisogno dell’intervento manuale. Un modo, questo, per rendere i nuovi strumenti ancor meno dannosi e ridurre il rischio di morte, una possibilità concreta denunciata da Amnesty International, che ha classificato i taser come strumenti di tortura che negli ultimi cinque anni hanno causato il decesso di 500 persone. Il modello che gli agenti utilizzeranno è prodotto dall’azienda statunitense Axon, che ne possiede il brevetto, ma ad esso verranno applicati gli accorgimenti previsti dal servizio sanitario nazionale italiano.
INDICAZIONI DI UTILIZZO. Le linee guida emesse dal Dipartimento della Pubblica sicurezza definiscono il taser «un’arma propria», che fa uso di impulsi elettrici per inibire i movimenti del soggetto colpito. La distanza consigliabile per un tiro efficace è dai 3 ai 7 metri. Il taser «va mostrato senza esser impugnato per far desistere il soggetto dalla condotta in atto». Se il tentativo fallisce si spara il colpo, ma occorre «considerare per quanto possibile il contesto dell’intervento e i rischi associati con la caduta della persona dopo che la stessa è stata attinta». Bisogna inoltre tener conto dell’ambiente circostante per il rischio di incendi, esplosioni, scosse elettriche.