Spendereste 20mila euro per comprare una bambola? Le persone coinvolte nel fenomeno delle bambole reborn risponderebbero di sì. Questa “moda” ha origine a livello Europeo ed in maniera più specifica in Germania, durante la seconda guerra mondiale. C’erano i bombardamenti e le donne impiegavano il tempo apportando modifiche alle bambole delle proprie figlie. Soltanto recentemente il fenomeno ha ripreso vigore in America, a partire dagli anni ’90, prima di diffondersi nuovamente anche in Europa. Negli States quella legata alle bambole reborn è stata interpretata, all’inizio, come un’attività per meri collezionisti del settore. L’estremo realismo con cui vengono realizzati questi oggetti, dalla morbidezza della superficie all’espressività degli occhi, lascia davvero sconcertati e rende queste bambole un pezzo molto appetibile su questa nicchia di mercato. Da fenomeno “elitario”, tuttavia, quello delle bambole reborn è diventato fenomeno virale con un’improvvisa espansione della domanda che si lascia dietro molti interrogativi.
IL POTENZIALE ASPETTO PATOLOGICO. Si chiamava “il mio bimbo speciale”, un contestatissimo gruppo Facebook, poi rimosso, dove alcune proprietarie di bambole reborn si scambiavano considerazioni e apprezzamenti come se stessero parlando di esseri viventi e non di oggetti. La sensazione condivisa da molti osservatori è che il fenomeno abbia assunto aspetti patologici. Sono infatti diffusi i casi di mamme che hanno acquistato queste bambole dopo aver perso i propri bambini o dopo un parto andato male. Una sorta di surrogato della realtà in cui molte donne in stato di grave vulnerabilità rischiano di rimanere intrappolate. Sono molti gli esempi che confermerebbero questi timori, come quella mamma che pagava una baby sitter per custodire la bambola quando lei usciva o come quell’altra che la portava dal pediatra, orgogliosa che le altre genitrici, quelle con figli autentici, si congratulassero con lei per quanto silenzioso fosse il suo bebè, salvo poi fuggire con una scusa quando arrivava il suo turno. I costi non sono indifferenti. Tra vestitini tagliati su misura, passeggini ed accessori vari si arrivano a spendere migliaia di euro. E come se non bastasse, dall’Asia si prepara una rivoluzione tecnologica in questo settore. In Giappone, ad esempio, la Jst Erato Asada Project sta lavorando ad un baby-robot che, oltre a una perfetta riproduzione fisica, è in grado di rispondere alle domande, camminare, frignare ed obbedire ai genitori.
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COME NASCONO LE BAMBOLE REBORN. La procedura per la produzione di questi oggetti è estremamente pignola e complessa. Il “metodo reborning” implica l’utilizzo di una bambola in vinile e l’aggiunta di diversi strati di pittura e materiali che le diano sembianze sempre più umane. Ci sono addirittura organismi internazionali che riuniscono gli “artisti” del settore deputati a giudicare sulla qualità dei lavori ed a emanare delle direttive etiche di settore. La bambola reborn può anche essere fabbricata ex novo attraverso il cosiddetto “new borning”. Quello delle bambole reborn rappresenta un trend da monitorare con attenzione, per evitare che chi le acquisti, magari per riempire un vuoto, non arrivi a considerarle come veri esseri umani cadendo in una realtà fittizia da cui sarebbe difficile liberarsi.