«L’ambizione è di diventare il primo partito in Europa. Che cosa ne pensa Di Maio? Non commento, non seguo le polemiche locali». Per il vicepremier leghista, Matteo Salvini, Europa e Italia viaggiano su due binari paralleli, che non si incontrano mai. Cercando di gettarsi alle spalle le accuse reciproche degli ultimi giorni, il segretario della Lega, a Milano per presentare l’alleanza dell’«Europa del buon senso», lo dice senza mezzi termini: «Sul fronte interno italiano non cambia nulla. Cambia perché cambia l’Europa, ma a livello italiano non cambia nulla».
Da Milano, Matteo Salvini apre ufficialmente la campagna elettorale per le europee del 26 maggio annunciando che sarà capolista in tutte le circoscrizioni, che per l’Italia sono cinque: Nord-Est, Nord Ovest, Centro, Sud e Isole. Ha anche spiegato che la Lega punta ad avere un ruolo di primo piano all’interno della nuova forza politica che raccoglie tutte le sigle sovraniste su scala continentale, da Alternativa per la Germania al Raggruppamento nazionale di Marine Le Pen. Al tavolo con lui Jörg Meuthen (Alternativa per la Germania),Olli Kyoto (i Veri finlandesi) e Andres Vistisen, leader del Partito popolare danese.
«Noi stiamo costruendo il progetto, chi ne sarà il portavoce lo decideremo insieme. Ad oggi non ci sono ambizioni personali, almeno per quello che mi riguarda. Da italiano sono onorato che questo futuro parta da Milano e da Roma» ha spiegato Salvini, a chi gli chiedeva se sarà lui o Marine Le Pen il cosiddetto ‘Spitzenkandidat’, cioè la figura introdotta già alle elezioni europee del 2014, che i gruppi al Parlamento Ue indicherebbero come possibile nuovo presidente della Commissione, in caso di vittoria. Anche dagli alleati non filtra nulla di più: Jorg Meuthen, portavoce di Afd, ha spiegato che «Matteo sarebbe il perfetto candidato, ma credo che voglia proseguire il suo grande lavoro in Italia. Se volesse farlo, sarebbe grande». Sulla stessa linea il finlandese Olli Kotro: «Salvini sarebbe il perfetto candidato ma ancora dobbiamo deciderlo».
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A parte le alleanze europee, Salvini deve fare i conti con quelle interne, che cominciano a scricchiolare se vengono toccati alcuni temi come la flat tax. «Della flat tax di cui si discute accesamente – scrive Di Maio in una lettera al Corriere della Sera – condividiamo i termini e lo scopo. Ne parla il contratto e sarà uno dei punti che occorrerà raggiungere. Ma associandovi, a mio parere, comunque un principio di proporzionalità per fare in modo che il beneficio stesso sia distribuito con criterio verso le famiglie e il ceto medio». Principio non condiviso dal vicepremier leghista che da Milano chiarisce: «L’idea rivoluzionaria della flat tax è che è unica, piatta e uguale. Non esiste una flat tax progressiva. Altrimenti mi tengo il sistema fiscale attuale».
E quello sulla flat tax è solo l’ultimo atto di accuse e polemiche che hanno costellato il percorso di Lega e Cinquestelle al governo. E a chi gli chiede conto del fatto che Di Maio ha criticato le sue alleanze europee, Salvini risponde: «Noi stiamo preparando una nuova Europa un progetto grande. Con tutto il rispetto per le sensibilità altrui, le polemiche locali ci interessano poco». E i rilievi di Di Maio – «Salvini fa alleanze con chi non rispetta l’Italia» – vengono derubricati a faccende storiche: «Sono stanco del dibattito fascisti, comunisti, destra e sinistra, non ci interessa e non interessa a 500 milioni di cittadini europei. Noi guardiamo al futuro, il dibattito sul passato lo lasciamo agli storici». In sostanza, Salvini non commenta e non vuole essere «commentato»: «Quando il mio amico Luigi Di Maio va a Parigi a incontrare qualcuno che può mettere in difficoltà il governo italiano – precisa, ricordando l’episodio in cui il leader M5S, incontrano i gilet gialli, irritò Macron – io non commento, tengo per me le mie riserve perché abbiamo tanto da fare al governo. Poi ognuno si sceglie le sue alleanze», ha spiegato, precisando: «A Strasburgo Afd è alleata del M5s, ma io non ho mai detto alcunché».
Il manifesto programmatico, per ora, si ferma a una serie di linee comuni: difesa delle frontiere esterne («Noi sapremo come usare bene i 10mila uomini di Frontex», dice Salvini), difesa del Made in Europe («Bisogna rivedere i trattati che lo penalizzano»), maggiori poteri ai governi. Sullo scacchiere internazionale, Salvini ribadisce la contrarietà alle sanzioni alla Russia, non mette in dubbio il rapporto con gli Stati Uniti ed esclude qualsiasi apertura alla Turchia: «A Bruxelles danno sanzioni all’Ungheria e poi finanziano la Turchia – dice – Per noi, la Turchia non è non sarà mai Europa». Il collante principale è sempre il “recupero della sovranità nazionale”, che Salvini declina sopratutto sulla questione migratoria. C’è chi fa notare che l’argomento rischia di creare spaccature fra forze politiche che appartengono ad aree geografiche diverse, ma il vicepremier tira dritto: «Non vogliamo ridistribuire i migranti, ma controllare le frontiere».