L’autonomia si farà, ma senza toccare la scuola. «Il modello della scuola è fondamentale, non può essere frammentato», ha spiegato in conferenza stampa il premier Giuseppe Conte. In realtà l’autonomia non è ancora passata, ma il primo importante paletto è stato messo: «Sulla scuola si radica la formazione dei bambini, la nostra identità. Non possiamo pensare che l’Autonomia differenziata significhi frammentare questo modello – spiega Conte – Probabilmente i governatori interessati non avranno tutto quello che hanno chiesto ma ci sta, è un negoziato tra Stato e Regioni». Passa dunque la linea del M5S, che aveva sempre osteggiato l’autonomia.
LEGGI ANCHE: Il lungo cammino verso l’autonomia delle regioni del Nord
Il sistema istruzione resta, dunque, escluso dalla regionalizzazione e il timore delle migliaia di insegnanti e dei sindacati, che temevano un’Italia divisa in due da stipendi differenziati, sembra scongiurato. Ma i governatori non prendono bene l’ennesimo rinvio. «Resto basito», commenta il presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia. «Pensavo che il Presidente del Consiglio fosse così autorevole da chiudere la partita, ma non ho ancora ben capito se l’autorevolezza serva a chiudere o invece a prolungare indefinitamente l’approvazione dell’intesa sull’autonomia differenziata. Noi veneti ne abbiamo le tasche piene di tutta questa storia», dice Zaia. Insoddisfatto del vertice anche il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana: «Abbiamo perso un anno in chiacchiere. Aspettiamo di vedere il testo definitivo, ma se le premesse sono queste, da parte mia non ci sarà alcuna disponibilità a sottoscrivere l’intesa. Il comportamento del governo è irrispettoso dei cittadini lombardi e veneti che hanno espresso direttamente con un referendum la loro volontà, di quelli emiliani, che attraverso il loro presidente hanno avanzato la loro richiesta, e di tutti gli altri italiani che, soprattutto al Sud, chiedono cambiamento e buona politica, non sprechi e ruberie».