«Questa notte morirò per il mio popolo in nome della libertà per tutti». Le premesse c’erano tutte, a partire dall’enigmatico post lanciato sui social un’ora prima dell’inizio della serata finale di Sanremo 2020: Achille Lauro arriverà vestito da Gesù Cristo, come si vociferava ormai da giorni? La voce aveva già fatto gridare allo scandalo e alla blasfemia. E, invece, un’altra sorpresa: con indosso una gorgiera, una veste di chiffon rosa trasparente e il volto incorniciato da perline, con tanto di parrucca che ricordava l’acconciatura dell’epoca, eccolo trasformato nella regina Elisabetta Tudor, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena.
«Sono stato molto colpito dalla sua indipendenza, di cui aveva fatto un vero e proprio baluardo. Mi è parso il personaggio più adatto per chiudere la serie di performance con cui, in queste sere, ho unito personaggi che in modi diversi mi hanno ispirato attraverso modalità altrettanto differenti di esprimere e vivere la libertà», spiega l’artista romano.
Se l’anno scorso ha stupito tutti con la sua “Rolls Royce”, per l’edizione numero 70 del Festival Achille Lauro, pseudonimo di Lauro de Marinis, ha puntato sull’effetto shock con travestimenti trasgressivi e sorprendenti. Sin dalla prima apparizione con la rivisitazione della celebre scena attribuita a Giotto in una delle storie di San Francesco della Basilica Superiore di Assisi, il momento più rivoluzionario della sua storia, in cui il Santo si è spogliato dei propri abiti e di ogni bene materiale per votare la sua vita alla religione e alla solidarietà.
«La storia della rinuncia di San Francesco ai beni materiali è un messaggio universale che ancora oggi risulta di grande attualità», afferma Lauro. L’artista, salito sul palco a piedi nudi, ha indossato una cappa di velluto nero, ricamata a mano, con pailettes oro e argento per rappresentare il mondo a cui il Santo ha scelto di rinunciare. Nel momento clou dell’esibizione, spogliandosi proprio come il Santo d’Assisi e ispirandosi al noto affresco, Lauro ha svelato l’ensamble custom made, body e shorts in strass nude.
Nella serata delle cover ha indossato i panni di Ziggy Stardust, l’alter ego di David Bowie, colto nel suo look gender fluid: «Animo ribelle, simbolo di assoluta libertà artistica, espressiva e sessuale e di una mascolinità non tossica», sottolinea. Il suo tributo a una sessualità indefinita alla Bowie che invece è molto altro: «La confusione dei generi è il mio modo di sentire e di ribadire il mio anarchismo, di rifiutare le convinzioni da cui poi si genera discriminazione e violenza».
Venerdì è stato la Divina Marchesa Luisa Casati Stampa, amante musa di Gabriele D’Annunzio, «grande mecenate, performer prima della performing art e opera d’arte vivente» motiva Achille Lauro. Infine la “regina vergine”: «Elisabetta I è riuscita a fregarsene, a tener testa agli uomini con cui si confrontava», spiega. «Lo faceva anche attraverso il suo aspetto, indossando abiti larghi sulle spalle, per rendere la propria fisicità imponente quanto la propria personalità e per non essere mai inferiore ai propri interlocutori maschili».
Quale sia il suo pensiero, Achille Lauro l’aveva scritto in un messaggio inviato ai giornalisti poco prima dell’inizio della kermesse: «Ho deciso di osare, di azzardare, qualcuno potrà dire che sono pazzo: sono disposto a correre il rischio, certo che chi non comprenderà avrà comunque il mio rispetto», le sue parole.
Che lo si ami o lo si odi, indubbiamente questo Sanremo non sarebbe stato lo stesso senza i suoi colpi di scena: ha portato prepotentemente nelle case di milioni di italiani l’estetica queer e genderless, ha gridato a tutti il suo “Me ne frego” agli insulti che gli sono piovuti addosso, come «femminuccia», «travestito». Non aveva alcuna possibilità di vincere, ma in quanto a presenza scenica non ha rivali. Lo spettacolo nello spettacolo. E dall’inizio del Festival ha guadagnato qualcosa come circa 200mila follower su Instagram, superando il milione.
Achille Lauro è una diva a tutti gli effetti. Nelle sue performance c’è tutta una iconografia rock, che mette insieme Marilyn Manson, David Bowie, Freddie Mercury, Renato Zero, Loredana Berté e Vasco Rossi. «La musica è la mia vita e ogni giorno scrivo e compongo ovunque mi trovi» sottolinea l’artista trentenne. «Sanremo è la manifestazione musicale più importante in Italia e anche una grande opportunità per presentare il mio modo di intendere le performance. Mi fa piacere che sia stata apprezzata».
Per la sua seconda volta al Festival di Sanremo, Lauro, da sempre grande performer e appassionato del mondo visual, ha portato sul palco una vera e propria rappresentazione artistica e teatrale, con la collaborazione di uno dei designer più apprezzati nel mondo, Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci. «È bello lavorare con persone libere che volano alto e che portano avanti un messaggio forte rispetto ad argomenti importanti» dice lo stilista.
Ma è il corpo a farsi performing art. Sul palco Achille Lauro è un animale: gioca con l’ambiguità, a ogni suo “Oddio” Twitter impazzisce, arriva anche il bacio tanto sospirato in tutti i giorni con il suo socio Boss Doms, nella serata finale con un look altrettanto pazzesco e maxi-ciglia.
La sua è stata una piccola rivoluzione. Grazie alle sue esibizioni, il Festival di Sanremo non è più inteso solo come la più grande vetrina musicale italiana, ma anche come l’occasione per portare una performance dal sapore internazionale, che segue la vena artistica di uno dei protagonisti più interessanti del nostro panorama musicale. È nata una diva a Sanremo.