Con l’hashtag #VivaBono60 i fans club degli U2 si apprestano a festeggiare oggi il compleanno della voce della più grande rock band del pianeta. E quest’anno si celebra anche una seconda importante ricorrenza: quarant’anni fa, il 20 ottobre 1980 usciva infatti Boy, il primo album degli U2. L’Italia, Paese al quale Bono è molto legato, tanto da dedicare la canzone Let Your Love Be Known ai nostri medici e sanitari che lottano contro l’epidemia di Covid-19, omaggerà il quartetto di Dublino con un nuovo libro, “Bono. La voce degli U2 tra musica, impegno e spiritualità” di Loris Cantarelli, che racconta la vicenda umana e artistica di un protagonista assoluto del panorama musicale internazionale.
La storia di Paul David Hewson ha per primo scenario Cedarwood Road, la strada di Dublino dove viveva con la famiglia e dove, da adolescente, scaricava la sua rabbia giovanile. Gli amici di Cedarwood Road ricordano che dopo la morte della madre, avvenuta quando lui aveva 14 anni, il piccolo Paul diventò un ragazzo smarrito e un po’ randagio. Entrò a far parte di una banda di ribelli con aspirazioni artistiche, i Lypton Village, dove ognuno prendeva uno pseudonimo: il suo, Bono Vox, fu ispirato da un negozio di apparecchi acustici chiamato Bonavox (il Vox è poi sparito negli anni).
Le sue idee artistiche e il suo furore giovanile trovarono finalmente sfogo nella musica: il 25 settembre 1976 Bono, David Evans (che poi avrebbe assunto il nome d’arte di The Edge), il fratello Dik e Adam Clayton, risposero a un annuncio appiccicato sulla bacheca della scuola Mount Temple da Larry Mullen Jr., che voleva formare un gruppo rock. Iniziarono a suonare insieme, col nome Feedback e poi The Hype, e quando Dik se ne andò e rimase un quartetto, nacquero gli U2, gruppo fondamentale nella storia del rock. A partire dal primo album Boy, uscito nell’ottobre 1980.
Ad aprire quel disco la leggendaria I Will Follow, una sorta di urlo di battaglia in cui Bono racconta la sua adolescenza come un periodo di violenza psicologica. La canzone ne cattura alcuni momenti drammatici, con l’immagine delle quattro mura che crollano addosso al protagonista in uno scenario che ben esemplifica la claustrofobia suburbana. Il testo contiene un palpabile senso di smarrimento che ha più a che fare con un bambino nei confronti della madre che si allontana da lui, ed emerge il desiderio suicida di seguirla.
Brano di apertura dell’album, I Will Follow è un’appropriatissima segnalazione che quello era un disco sulla confusione giovanile. Diventerà un inno generazionale, cavallo di battaglia nei concerti degli U2 ancora oggi. Ma non solo I Will Follow. Insieme a The Joshua Tree e Achtung Baby, Boy è infatti l’album del quale tutte le canzoni (comprese quelle dei lati B) sono state suonate dal vivo. Out Of Control possiede lo stesso boato di I Will Follow. Due brani che spiegano chiaramente quali sono i tratti distintivi del gruppo: la solidità ritmica del basso e della batteria di Adam e Larry, il virtuosismo chitarristico di The Edge e la voce graffiante di Bono, qui ancora molto acerba ed istintiva, voce che muterà nel tempo ma che manterrà sempre quell’espressività innata ed immediatamente riconoscibile.
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Se da un punto di vista musicale, questo esordio propone un post-punk piuttosto positivo e pop, a colpire è soprattutto l’aspetto tematico, altamente introspettivo. E Bono si mette subito in luce come un carismatico frontman dalle tendenze messianiche Stories for Boys è forse il brano più punk del disco: il riff di apertura ha qualche somiglianza con Holiday In Cambodia dei Dead Kennedy’s. Toni più tranquilli e riflessivi in The Ocean, momento davvero introspettivo e suggestivo dalla durata insolitamente breve (poco più di un minuto e mezzo), in cui il grigiore di un’uggiosa giornata irlandese in riva al mare fa da sfondo al ricordo, sempre presente e opprimente, della madre scomparsa. Tocco di classe nel pezzo è il suono campionato del filo da pesca che si tende. Si ritorna alla carica con A Day Without Me, dedicata al leader dei Joy Division, Ian Curtis, morto suicida a soli 23 anni proprio il 18 maggio 1980, mentre Electric Co., pur non mantenendo mai del tutto le sue promesse, possiede un riff ancora potente.
È cresciuto anche il bambino che appariva sulla copertina. Peter Rowen, che darà l’immagine anche al disco War (1983), a quell’epoca aveva 5 anni. Oggi è un fotografo e vive a Dublino. «Raccolgo l’idea di Bono che Boy fosse l’innocenza della giovinezza» spiega oggi. «War mostra un bambino dall’aspetto molto più disturbato, e immagino che voglia mostrare cosa il mondo può fare a un bambino: la perdita di innocenza». Concetti che tornano spesso nella carriera degli U2 sino alla recente doppia avventura di Songs of Innocence e Song of Experience.
Gli U2 diventarono subito delle superstar mondiali, con il sound creato dalla chitarra di The Edge a farla da padrone, amati, seguiti ed imitati. Per Bono decine di premi, tra cui 22 Grammy vinti con gli U2. Nel 2005 la band entra nella Rock and roll Hall of Fame.
E con la fama che cresce, Bono inizia a coinvolgersi sempre di più con cause umanitarie, dal Live Aid a Amnesty International, dalla lotta all’Aids a quella alla povertà endemica in Africa. Incontra i leader mondiali di ogni colore politico, da Tony Blair a George Bush, prendendo anche delle candidature multiple al Nobel per la pace. Nel 360° tour lancia un accorato appello per la liberazione di Aung San Suu Kyi, mentre il marchio Red da lui inventato raccoglie fondi per molte cause benefiche.
Tuttavia, neanche Bono è un cavaliere senza macchia né paura: nel 2009 lui e gli altri membri della band sono stati duramente criticati per aver spostato molti dei loro affari in Olanda per evitare tasse irlandesi troppo gravose. Poco importa ai fan degli U2, per i quali la rockstar irlandese continua a ispirare, entusiasmare ma anche a far pensare ai mali del mondo.