L’utopia, l’amore e la speranza per superare il caos e il terrore. Lo stato del mondo è troppo instabile e questa volta gli U2 non riescono a dare certezze ai loro fans. Nell'”Experience + Innocence Tour 2018″, che per quattro sere ha sostato al Mediolanum Forum di Milano, le canzoni nuove e vecchie si sono mescolate con avvertimenti e suppliche per evitare di sprecare un sogno. Se nel debutto oltre oceano Bono & soci invitavano il pubblico a mantenere ancora vivo il sogno americano, nonostante l’ascesa degli idioti, dei truffatori e degli imbroglioni che attualmente occupano l’ufficio presidenziale negli Stati Uniti, nella tranche del tour nel Vecchio Continente l’appello è a non far spegnere il sogno di un’Europa unita. E se da Tulsa a New York, la band irlandese raccoglieva la gente sotto una enorme bandiera a stelle e strisce al suono di “Get Out Of Your Own Way”, da Berlino a Dublino gli U2 uniscono i fan nell’abbraccio e nell’applauso alla bandiera blu con il cerchio a dodici stelle. «Non sapevamo che reazioni avrebbe suscitato – ha scritto il leader della band irlandese sul quotidiano Repubblica alla vigilia dei concerti italiani -. Il che, in un certo senso, era esattamente il motivo per cui intendevamo farlo. Volevamo scoprirlo». E l’hanno scoperto. La bandiera dell’Europa sa ancora emozionare quanto la band irlandese.
MUSICA D’IMPEGNO. Definitelo ambizioso o tacciatelo di presunzione, ma il rock degli U2 conquista per il suo senso di missione, al punto che molte delle loro canzoni sono sinonimo di idealismo, simbolo di musica d’impegno sociale e politico. Diventare voce di una coscienza è un onore, ma anche un onere, del quale pochi eroi rock – eccezion fatta per Bruce Springsteen e Roger Waters – sono disposti a farsi carico. È standing ovation quando la band irlandese intona classici come “One”, “New year’s day” e “Pride”, e quando sul maxischermo scorrono immagini di nazisti, guerre, profughi, in platea partono pugni alzati, con Bono che grida: «Grazie italiani per l’amore e la tolleranza che mostrate coi rifugiati, gli altri dovrebbero vergognarsi». E, poi, informato sulla recente svolta politica del governo gialloverde, l’ultima sera Bono ha puntato il dito contro il ministro dell’Interno: «Matteo Salvini? È il diavolo».
L’Europa è al centro dello show. Dall’introduzione, quando gli schermi rilanciano le immagini d’epoca delle città (anche Milano) sotto le macerie dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale accompagnate dal discorso di Charlie Chaplin nel “Grande dittatore”, sino al ritorno di Macphisto, il diabolico alter ego di Bono che esordì nel leggendario Zoo Tv tour, nato e portato in giro nell’Europa del dopo-Muro, in quel nuovo e ancora incerto mondo svegliatosi d’un tratto dall’incubo atomico e con all’orizzonte un futuro di pace e di benessere, che adesso spinte sovraniste e populiste rischiano di mettere a rischio.
C’è anche l’accenno alla campagna “La povertà è sessista”, tema dell’anno di One (l’onlus di Bono), per l’azzeramento della discriminazione di genere per le donne che vivono in povertà, con il ringraziamento rivolto da Bono a Emma Marrone per l’impegno dell’interprete salentina (la cui voce risuona nel video di “Women in love”) nella difesa dei diritti delle donne.
![U2 in concert in Milan](https://pickline.it/wp-content/uploads/2018/10/Bono-U2.jpg)
IL POLITICO E LA ROCKSTAR. Sul palco ci sono due Bono. C’è quello politico, quello che alcuni giorni prima a Bruxelles aveva incontrato il presidente Antonio Tajani per convincerlo a spingere l’Unione a sedersi a un tavolo con i Paesi africani e creare una «nuova partnership». E poi c’è la rockstar, che canta e conquista il pubblico con la sua forza espressiva e le canzoni. I due Bono si parlano. «Come artista penso di avere un ruolo nel rendere romantica l’idea di Europa, qualcosa a sangue caldo. L’Europa deve diventare un sentimento e come artista sono a servizio di questo», aveva detto nei giorni scorsi.
Lo spettacolo è il sequel del tour del 2015, basato principalmente sull’album “Songs of Innocence” del 2014. Fa uso di un modello tecnologicamente superiore in più, con un grande e un piccolo palco collegati da ciò che gli U2 chiamano “barricage”, una passerella racchiusa da schermate video che possono collocare i membri della band all’interno di foto di grandi dimensioni (ora con una definizione migliore). Dozzine di sistemi audio creano un sistema sonoro discreto e sensazionale che sembra ugualmente chiaro da ogni punto all’interno del palasport. L’unica innovazione tecnologica a deludere è l’app di realtà aumentata, “The U2 Expertise”: quando s’inquadra col telefonino il palco si vedono prima un iceberg che lentamente si scioglie sommergendo il pubblico, poi un Bono virtuale che canta in una scintillante e spettrale definizione.
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LA PIÙ GRANDE BAND DEL PIANETA. Su tutto il candido e ancora valido fervore della voce di Bono, la risonanza dei riff di chitarra di Edge e la tensione nervosa della parte ritmica degli U2, Adam Clayton al basso e Larry Mullen Jr. alla batteria. Attingono soprattutto al materiale storico, anche se depennano completamente le canzoni di “The Joshua tree”, spina dorsale dei loro concerti per tre decenni e album – contenente “Where the streets have no name” e “I still haven’t found what I’m looking for” – che hanno suonato per un anno in un tour negli stadi. «Abbiamo tracciato una linea nella sabbia: se davvero volevi quelle canzoni, le abbiamo suonate. È andata. Stiamo andando avanti», racconta il bassista Adam Clayton. Che non si sbilancia sul futuro della band: «È difficile dirlo al momento. È sempre bello avere un tour di successo e andare avanti fino a quando non hai la sensazione di aver raggiunto tutti quelli che vogliono vederlo. È un tour breve. Abbiamo preso questa decisione perché abbiamo fatto un sacco di show negli ultimi quattro anni. Ci sono d’altronde parti del mondo in cui non siamo mai stati negli ultimi anni. Non siamo stati in Australia, Giappone, Sud-Est asiatico. Non abbiamo davvero trascorso così tanto tempo in Europa, quindi forse allungheremo il tour, ma in realtà forse abbiamo bisogno di trovare un modo di essere di nuovo in posti più grandi. Se ci fosse un modo per prendere l’essenza di questo periodo e di essere negli stadi, forse varrebbe la pena pensarci. Ma non lo so. Sto solo speculando».
«Io non darei così per scontato che gli U2 torneranno in tournée» ha freddato tutti Bono in una recente intervista al Sunday Times. In questi ultimi cinque anni il cantante è stato messo alla prova anche fisicamente. Dall’incidente in bicicletta all’inizio del tour del 2015 sino al problema vocale emerso a Berlino che ha messo a rischio l’intero tour e che per fortuna non ha avuto conseguenze. Spesso Bono è stato visto stanco, provato, pensieroso. Lui, tuttavia, scherza: «Paul è morto – dice a un certo punto dello show, facendo riferimento a sé stesso, Paul David Hewson – Io sono Bono insieme a The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. siamo la più grande band del Northside di Dublino». E del Pianeta.