Se ne va uno dei grandissimi del teatro italiano, Gigi Proietti, attore, regista, mattatore del palcoscenico, re della battuta, cuore di Roma e figlio di un paese che oggi più che mai avrebbe bisogno d’ironia. Lo stesso sorriso beffardo che il destino ha gettato come i dadi sul calendario, l’entrata e l’uscita dalla vita: Gigi Proietti è morto il 2 novembre, il giorno del suo ottantesimo compleanno. «”Che dobbiamo fa’? La data è quella che è», diceva Proietti prendendosi gioco anche di se stesso. Proietti era ricoverato in una clinica romana per problemi cardiaci e da qualche giorno si trovava in terapia intensiva.
Una carriera ricca, lunghissima, più di mezzo secolo in scena e sul set. Talento unico, autoironia, cinismo romano stemperato nella battuta, scopre il teatro all’università. «I miei ci tenevano alla laurea -raccontava – io studiavo, si fa per dire, Giurisprudenza ma la sera mi esibivo». Nel 1955 fece la comparsa nel film “Il nostro campione”, diretto da Vittorio Duse. Secondo il suo sito ufficiale, il suo «vero e proprio debutto» teatrale fu invece nel 1963, nel cosiddetto “teatro-cabaret”, in “Can Can degli italiani”.
Un vero mattatore, che passa dalla musica (fa il verso a Louis Armstrong, diverte con Nun me rompe er ca’ ispirandosi agli chansonnier) alle celebri macchiette di Petrolini, per arrivare a Shakespeare. Proietti continuò quindi alternando il teatro più “impegnato”, il teatro cabaret, le esibizioni in locali e night club e il cinema: spesso recitando in commedie, ma avendo anche ruoli drammatici oppure occupandosi di doppiaggio. E dalla fine degli anni Sessanta, con lo sceneggiato “I grandi camaleonti”, Proietti iniziò anche a lavorare in televisione.
Per quanto riguarda il teatro, si fece apprezzare in “Alleluja brava gente”, “Caro Petrolini”, “I sette re di Roma” e “La cena delle beffe”, ma il suo spettacoli di maggior successo fu “A me gli occhi, please”, per il quale collaborò con lo scrittore Roberto Lerici. Lo riporta in scena nel 1993, nel 1996 e nel 2000, «Ringraziamo Iddio, noi attori abbiamo il privilegio di poter continuare i nostri giochi d’infanzia fino alla morte, che nel teatro si replicano tutte le sere», confessa Proietti. «Non ho rimpianti, rifarei tutto, anche quello che non è andato bene».
Nel cinema, Proietti si fece notare in “Le piacevoli notti” del 1966, nel quale recitò insieme a Vittorio Gassman e Gina Lollobrigida, e poi in alcuni film di Tinto Brass. Negli anni Settanta recitò in “La proprietà non è più un furto” di Elio Petri, in “”Casotto insieme a Ugo Tognazzi (e a una giovane Jodie Foster) e in “Le farò da padre” di Alberto Lattuada. Nel 1976 interpretò poi quello che è probabilmente il suo personaggio più noto: Bruno Fioretti, più noto come Mandrake e protagonista della commedia “Febbre da cavallo”, diretta da Steno, e negli anni diventata un film cult.
In televisione Proietti si fece apprezzare nel varietà “Fatti e fattacci”, di cui fu conduttore insieme a Ornella Vanoni, e per lo sceneggiato “L’amaro caso della baronessa di Carini”. Dagli anni Ottanta in poi, Proietti si dedicò poco al cinema e più a teatro e televisione, dove nel 1983 fu conduttore del varietà “Fantastico 4” e protagonista del programma “Io a modo mio”. Dal 1996 fino al 2005 fu poi protagonista de “Il Maresciallo Rocca”, la fiction Rai in cui interpreta il protagonista, il maresciallo Giovanni Rocca, a capo della stazione dei carabinieri di Viterbo.
Un talento vero, da “Febbre di cavallo” al doppiaggio: presta la voce al genio del film Disney “Aladdin” e a Gatto Silvestro, in coppia con Loretta Goggi (che fa il canarino Titti). E alle star: Richard Burton, Richard Harris, Marlon Brando, Robert de Niro e Dustin Hoffman. Doppia Sylvester Stallone che grida “Adrianaaaaa!”, nel primo Rocky.
Negli ultimi anni Proietti aveva recitato in una serie di commedie leggere, aveva condotto e partecipato a diversi programmi televisivi (come il varietà del 2017 “Cavalli di battaglia”) e nel 2019 era stato Mangiafuoco nel Pinocchio di Matteo Garrone. Di recente aveva partecipato alla nuova stagione di Ulisse con Alberto Angela.