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Le suore di clausura cantano nel lockdown e scalano l’hit parade

L’album delle Clarisse di Arundel è diventato un caso. Nato per scherzo, ha raggiunto i vertici delle classifiche di vendite classica e pop. «La gente ci chiedeva come comportarsi durante la chiusura». Le suore dell’ordine di Santa Chiara si raccontano via chat: «Troviamo una gioia profonda nei nostri canti e ora speriamo che la nostra musica raggiunga molte vite, portando pace, amore e un senso di benessere a tutti coloro che ascoltano». «Di certo non l’abbiamo fatto per diventare famose». I proventi devoluti

Giuseppe Attardi di Giuseppe Attardi
Febbraio 17, 2021
in Musica
Tempo di lettura: 4min read
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«Quando ascoltate il nostro album, se siete a casa o siete stufi, ansiosi o vi sentite depressi … sappiate che da qualche parte ad Arundel nel West Sussex, c’è una comunità di donne, e noi siamo qui, e siamo qui con voi». Sono 23 le donne che fanno parte di questa comunità. Sono le Clarisse di Arundel che vivono, lavorano e pregano in un modesto convento nelle campagne del Sussex seguendo la regola elaborata da Santa Chiara d’Assisi nel 1253. Per loro l’allontanamento sociale e il blocco sono naturali: dopotutto, lo fanno da 800 anni. «Nella nostra vita quotidiana la pandemia non ci ha quasi colpiti», dice la sorella Gabriel, che è entrata a far parte dell’ordine delle suore di clausura nel 1994, all’età di 23 anni. «Siamo felici se possiamo aiutare gli altri durante questo periodo difficile».

Ora tutto il mondo sta ascoltando le Clarisse, che, alla fine dello scorso anno, hanno pubblicato un album per portare alcuni dei principi semplici ed equilibrati della vita di clausura a coloro che soffrono per la pandemia. Il disco, Light for the World, ha subito raggiunto la vetta della classifica classica in Gran Bretagna e, grazie al successo della versione digitale, è salito al vertice anche di quella pop, superando artisti del calibro Taylor Swift e Lewis Capaldi. Mai prima d’ora un coro di suore aveva raggiunto una posizione così alta in classifica. Soltanto in Italia, suor Cristina, sulla scia della vittoria nel talent “The Voice of Italy”, era riuscita in una impresa simile, ma in solitario e con un repertorio pop.

Le Clarisse – che indossano lunghi abiti marroni, veli e sandali beige – eccezion fatta per le visite dal medico o dal dentista, trascorrono la loro vita entro i confini del loro monastero. Al culmine del lockdown, dice suor Leo, che ha 60 anni ed è entrata nella comunità nel 1976, la gente le contattava per chiederle consigli su come comportarsi. «Ho sempre detto la stessa cosa: “Fai attenzione alla regolarità nella tua vita e fai le cose secondo un calendario”. È così che funziona per noi. E penso che abbia aiutato gli altri quando ho detto: “Viviamo in questo modo tutto il tempo, e lo abbiamo fatto per molti anni”». Tuttavia, le sorelle riconoscono che c’è un’enorme differenza tra la scelta di una vita di clausura e l’imposizione di stare lontano dagli altri. «Siamo consapevoli che per molte persone questi mesi sono stati davvero infernali», dice la sorella Aelred, che ha 70 anni ed è entrata nella comunità nel 1961 all’età di 18 anni.

LEGGI ANCHE: Arlo Parks, l’autrice dell’inno dell’era pandemica

Sulla scia del clamoroso e inatteso successo del disco, le suore hanno ceduto alle esigenze promozionali, aprendo le porte del convento alla curiosità dei media. E sebbene le Clarisse di Arundel siano un ordine in gran parte silenzioso, con la parola limitata durante il giorno tranne nella ricreazione, le sorelle sanno perfettamente chattare su Zoom. «La gente si aspetta che siamo cupi, mentre nelle nostre vite c’è molto divertimento e risate. Pensano che non siamo in contatto con la politica, pensano che non siamo donne normali, quando in realtà lo siamo molto», commenta suor Gabriel. «Di tanto in tanto ci godiamo un bicchiere di birra o di vino, usiamo il computer e talvolta litighiamo anche».

Ogni giornata è scandita dalle stesse regole da centinaia di anni. Sveglia alle 5.30 (le 5 d’estate), dopo la colazione e un’ora di meditazione, le suore si riuniscono nella cappella per la preghiera e, due giorni alla settimana, per la messa. «Poi abbiamo un periodo di lavoro, che potrebbe essere qualsiasi cosa, dalla cucina al lavoro nell’orto». Il pranzo, il pasto principale della giornata, viene consumato in silenzio mentre una sorella legge ad alta voce un testo spirituale; lo stesso accade a cena, ma il testo è quello che suor Gabriel descrive come «un libro più leggero, una biografia, ad esempio». Dopo pranzo arriva un periodo di riposo e altro lavoro, poi la “ricreazione”, dove le suore sono libere di chiacchierare e aggiornarsi al computer, leggendo libri e giornali, ascoltando la radio.

La musica è al centro del culto delle suore, ma l’idea di registrare un album, rivela la sorella Aelred, è nata inizialmente come uno scherzo. Il produttore musicale James Morgan si era messo in contatto per chiedere se poteva venire ai vespri per ascoltare le suore cantare. «Eravamo sicuri che non saremmo state abbastanza brave», dice sorella Gabriel. «Invece ci ha ricontattato e ha detto che non era preoccupato per gli errori che avevamo commesso, potevano essere corretti, quello che gli piaceva era il tono del nostro canto».

Per molti artisti, l’idea di un contratto con una casa discografica è un sogno che si avvera, ma le Clarisse hanno avuto un approccio diverso. «Dovevano partecipare tutte coloro che volevano esserci», dice la sorella Gabriel. «Non avremmo detto a nessuna delle nostre sorelle: “Non puoi cantare”». E, alla fine, hanno preso parte tutte tranne due. «Abbiamo sorelle che cantano in modo armonico e meraviglioso, e altre che stonano. Ma siamo tutte nell’album», continua suor Gabriel. «Realizzare il disco è stata una grande avventura, siamo rimaste così colpite dall’apertura e dal rispetto che Decca (l’etichetta discografica, nda) ha mostrato. Le nostre paure e insicurezze nel rendere pubblici i nostri canti e il nostro lavoro sono state rapidamente dissipate. Troviamo una gioia profonda nei nostri canti e ora speriamo che la nostra musica raggiunga molte vite, portando pace, amore e un senso di benessere a tutti coloro che ascoltano… Di certo non l’abbiamo fatto per diventare famose», sottolinea sorella Gabriel. «Vogliamo che le persone conoscano l’essenza della nostra vita, in cosa crediamo e cosa ci rallegra».

L’album contiene un’Ave Maria tradizionale, il Salmo 27 (O Signore, ascolta la mia voce) e In Paradisum, cantata dalle suore durante le liturgie funebri, e poi le laudi di Santa Chiara e San Francesco, inni sacri e testi medievali. I proventi derivanti dalle vendite sono donati ad enti di beneficenza indicati delle Clarisse stesse.

Light for the World esce il Italia il 26 febbraio e, in occasione della Giornata Mondiale del Sonno, il 18 marzo, sono previste altre due versioni digitali che estendono ulteriormente il progetto: un EP con quattro remix in Dolby Atmos e una versione speciale della durata di otto ore.

Tags: Clarisse di ArundelGran BretagnaLight for the WorldLockdownSussex
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