«Un’Italia senza figli è un’Italia che non crede e non progetta. È un’Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire. Il governo si sta impegnando su molti fronti per aiutare le coppie e le giovani donne». Lo dice il premier Mario Draghi nel suo intervento agli Stati generali della natalità. Un evento al quale prende parte anche papa Francesco che ha promosso l’assegno unico: «Finalmente in Italia – ha detto – si è deciso di trasformare in legge un assegno, definito unico e universale, per ogni figlio che nasce. Esprimo apprezzamento alle autorità e auspico che questo assegno venga incontro ai bisogni concreti delle famiglie, che tanti sacrifici hanno fatto e stanno facendo, e segni l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie. Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro; ma se le famiglie ripartono, tutto riparte».
Nel suo intervento il premier ha sottolineato che è importante «mettere la società nelle condizioni di avere figli». Draghi ha ricordato che «al sostegno economico delle famiglie con figli è dedicato l’assegno unico universale. Da luglio la misura entrerà in vigore per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che oggi non hanno accesso agli assegni familiari. Nel 2022, la estenderemo a tutti gli altri lavoratori, che nell’immediato vedranno un aumento degli assegni esistenti». Il premier ha aggiunto che «le risorse ammontano a oltre 21 miliardi, di cui almeno sei aggiuntivi rispetto agli attuali strumenti per le famiglie. L’assegno unico ci sarà anche negli anni a venire, è una di quelle misure epocali su cui non ci si ripensa l’anno dopo».
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La rivoluzione dell’assegno unico è, dunque, dietro l’angolo. Affinché venga estesa a tutta la platea bisognerà, però, aspettare fino al 2022 quando si concentrerà in un’unica soluzione i vari aiuti già esistenti per le famiglie che, tra bonus e detrazioni, negli anni hanno disperso le risorse in troppi rivoli. L’assegno «ponte» di cui ha parlato il premier Draghi, rivolto ai lavoratori autonomi e i disoccupati, con ogni probabilità non cancellerà le vecchie misure a sostegno delle famiglie con figli, che verranno assorbite dall’assegno unico a partire dal prossimo anno. Dunque, per quest’anno resteranno le detrazioni fiscali per i figli a carico, così come rimarranno attive fino al 31 dicembre almeno anche le vecchie misure a sostegno dei genitori , come il bonus bebé e il premio alla nascita.
L’assegno unico che debutterà nel 2022 è rivolto a tutti i cittadini italiani, a quelli dell’Unione europea e agli extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo, di lavoro o di ricerca, residenti in Italia da almeno due anni anche non continuativi e, ovviamente, con figli a carico (dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni di età). I beneficiari devono essere soggetti al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia, dove devono risiedere, con i figli a carico, per l’intera durata dell’assegno. L’assegno è riconosciuto ad entrambi i genitori, tra i quali viene ripartito in egual misura. In loro assenza, spetta a chi esercita la responsabilità genitoriale. In caso di separazione o divorzio, l’assegno viene generalmente erogato al genitore affidatario, mentre se l’affidamento è congiunto o condiviso, l’assegno è ripartito tra i genitori.
Il limite di età per accedere al contributo è 21 anni. Ma per la fascia 18-21 l’assegno è ridotto rispetto a quello rivolto ai figli minorenni ed è vincolato a determinate condizioni: il figlio maggiorenne deve essere iscritto all’università o a un corso di formazione scolastica o professionale. Ha diritto all’assegno anche il figlio over 18 e under 21 che sta svolgendo il servizio civile universale, un tirocinio o un’attività lavorativa limitata che assicuri un reddito molto basso (il cui tetto non è però stato ancora fissato). Rientrano nella categoria anche i ragazzi under 21 disoccupati e in cerca di lavoro. Per la definizione di figlio a carico si fa riferimento al Testo unico delle imposte sui redditi: l’articolo 12, comma 2, definisce fiscalmente a carico il figlio che abbia un reddito non superiore a 4 mila euro (2.840,51 euro nel caso abbiano un’età superiore a 24 anni). Il figlio maggiorenne beneficiario dell’assegno può richiedere che l’importo gli sia corrisposto direttamente. Questo per favorirne l’autonomia.
L’assegno unico sarà maggiorato per ciascun figlio con disabilità fino a 21 anni di età per un’aliquota compresa tra il 30% e il 50%, graduata secondo la classificazione della disabilità. L’assegno è riconosciuto anche ai figli disabili con età superiore ai 21 anni senza però alcuna maggiorazione.