“Più di vent’anni in un pallone
più di vent’anni ad aspettare quel rigore
per poi scoprire che la vita
era tutta la partita”
Quel rigore sbagliato contro il Brasile nel 94 che Diodato rievoca nella canzone L’uomo dietro il campione Roberto Baggio non l’ha archiviato mai: «Vincere il Mondiale era il sogno della mia vita, un pensiero che avevo rincorso fin da bambino e accarezzato per milioni di notti. Ho tirato tanti rigori, mai avrei pensato che potesse andare così. A Massaro e a Baresi non dicono niente? È vero, ma io ho dato il colpo finale. Quel momento me la porterò per sempre dentro».
L’uomo dietro il campione, come canta il vincitore di Sanremo 2020 nella canzone scelta come colonna sonora del film Il Divin Codino, dedicato a uno dei calciatori più amati d’Italia, disponibile su Netflix dal 26 maggio. Non una semplice biografia ispirata a una carriera strepitosa, dicono la regista Letizia Lamartire e gli sceneggiatori Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo, ma uno slalom tra i sentimenti di un ragazzo che ha vinto molto e ha molto sofferto e che, a differenza di altri calciatori, ha saputo incanalare il dolore in un percorso di crescita personale.
Nei panni del protagonista c’è Andrea Arcangeli. «Ho sentito forte la responsabilità di interpretarlo, ho cercato di imitarlo nel modo di correre e di parlare, poi è stato lo stesso Roby a darmi la chiave giusta. Mi ha detto: Viviti l’esperienza al di là del risultato. Sbaglierai, ma se avrai dentro di te un forte nucleo emotivo, avrai sempre una casa a cui tornare».
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Che è la filosofia dell’ex “numero 10” di Lanerossi Vicenza, con la cui maglia debuttò nel 1983, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia, dove nel 2004 giocò la sua ultima partita. «Con gli anni ho imparato che non conta solo l’atto finale, la cosa più appagante è sentire di aver fatto tutto il possibile. Andrea ha fatto il film con molta passione e io gliene sono grato», commenta il “Divin codino”. «Al pensiero di un film su di me provavo vergogna. A chi volete che interessi, dicevo. Se fosse stato solo per me non si sarebbe realizzato mai».
L’adolescenza condivisa con sette fratelli, gli esordi nel Vicenza, il contratto miliardario con la Fiorentina, gli infortuni, il buddhismo, le risalite faticose, gli incontri con Sacchi, Mazzone e Trapattoni, il rigore fatale del ‘94, la mancata convocazione ai Mondiali del 2002 e la delusione bruciante: in 90 minuti la storia si focalizza soprattutto sul rapporto di Baggio con la Nazionale e sul suo amore per la maglia azzurra che lo porta a fare sacrifici pazzeschi per rialzarsi dopo gli infortuni che lo inseguono come una maledizione. «È il mio karma, quando mi avvicino a una cosa molto desiderata mi capita un intoppo. All’inizio mi pesava, perché non avevo le armi per combattere, poi ho incontrato il buddhismo e oggi lo faccio con serenità».
Pochissimi i riferimenti ai club, e in particolare al passaggio dalla Fiorentina alla Juventus che gli scatenò contro le ire dei tifosi viola. Né appare l’episodio avvenuto allo stadio Franchi, quando Baggio raccolse la sciarpa viola atterrata ai suoi piedi dopo la sua prima partita a Firenze con la maglia bianconera. «In realtà raccolsi quella sciarpa come un gesto di affetto nei confronti di persone che mi volevano bene, al di là di quello che avevo combinato come calciatore dato che per due anni non aveva giocato mai».
Sempre alla nazionale ed ai Mondiali è legata la leggenda del codino. «È nato per gioco, durante i Mondiali in America. In albergo una cameriera di colore aveva treccine stupende, mi piacevano e le fece anche a me. A quel punto, l’unica maniera per tenerle a posto mentre correvo era raccoglierle con un elastico in un codino. Non avrei mai pensato che sarebbe diventato un simbolo».
A 54 anni Roberto Baggio vive in campagna con la moglie Andreina (nel film Valentina Bellé) e i figli. «Farei qualunque cosa per tornare a giocare, ma le ginocchia non mi seguono, quindi devo abbandonare l’idea».
“Che poi Roberto in fondo tutto questo amore è pure figlio del coraggio
di quel campione che toccava ogni pallone come se fosse la vita
lo so potrà sembrarti un’esagerazione
ma pure quel rigore
a me ha insegnato un po’ la vita”