Il Vaticano si schiera contro il ddl Zan. Una nota ufficiale della Segreteria di Stato chiede di modificare il disegno di legge Zan, la proposta di legge contro l’omotransfobia approvata alla Camera nel novembre del 2020 e ora in discussione alla commissione Giustizia del Senato. Secondo il Corriere della Sera, nei giorni scorsi la Chiesa Cattolica avrebbe scritto al governo italiano che il ddl Zan violerebbe il cosiddetto Concordato, cioè il documento ufficiale che regola il rapporto fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, in vigore dal 1984. Si tratta di un atto senza precedenti nella storia del rapporto tra i due Stati, destinato a sollevare polemiche e interrogativi.
Secondo la Chiesa, la proposta del deputato del Partito Democratico Alessandro Zan contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo violerebbe il Concordato in diversi punti che sono stati elencati in una lettera consegnata lo scorso 17 giugno da monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, all’ambasciata italiana in Vaticano. «Alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato — recita il testo — riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato».
Il primo dei due punti dell’accordo richiamati dalla Segreteria di Stato afferma che «la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica». Nel secondo, invece, si legge che «è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Secondo il Vaticano, infatti, alcuni passaggi del ddl Zan non solo metterebbero in discussione la sopracitata «libertà di organizzazione» — sotto accusa ci sarebbe, per esempio, l’articolo 7 del disegno di legge, che non esenterebbe le scuole private dall’organizzare attività in occasione della costituenda Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia —; ma addirittura attenterebbero, in senso più generale, alla «libertà di pensiero» della comunità dei cattolici. Nella nota si manifesta proprio una preoccupazione delle condotte discriminatorie, con il timore che l’approvazione della legge possa arrivare persino a comportare rischi di natura giudiziaria. «Chiediamo che siano accolte le nostre preoccupazioni», è infatti la conclusione del documento consegnato al governo italiano.
Ora si attende che venga portata all’attenzione del premier Mario Draghi e del Parlamento. Le critiche della Chiesa al ddl Zan non sono certo nuove. Sul tema la Cei è già intervenuta ufficialmente due volte: la prima nel giugno del 2020 («Esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio», dissero all’epoca i vescovi); e la seconda non più tardi di un mese e mezzo fa («Una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza», era stata la nota del presidente Gualtiero Bassetti).
Mosse che ricordano le aspre polemiche in particolare in occasione del referendum sul divorzio, nel 1974, con la ferma condanna di San Paolo VI, ma anche per quello sull’aborto, nel 1981, durante il pontificato di San Giovanni Paolo II. Senza dimenticare, in anni più recenti, l’impegno dell’allora presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini, per il fallimento dei referendum abrogativi della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita e la ricerca scientifica sulle cellule staminali. Ma si è sempre trattato di pur legittime prese di posizione. Non si era mai arrivati a chiamare in causa la diplomazia. Mai il Vaticano aveva esplicitamente chiesto di modificare un disegno di legge.