Partito dal rogo di un auto dopo un incidente stradale, l’incendio che sta travolgendo zona di Oristano in Sardegna continua a bruciare. Ormai sono quasi tre giorni che le fiamme stanno divorando le campagne. Gli abitati più a rischio in questo momento sono le comunità del Marghine e della Planargia: sono in campo elicotteri, una ventina di canadair (di cui 4 provenienti in aiuto da Francia e Grecia, rispettivamente due a testa, dopo l’attivazione del modulo internazionale di cooperazione da parte della Protezione Civile) e quasi 60 unità operative a terra per 7500 uomini tra Corpo forestale, Vigili del fuoco, Protezione Civile, volontari e anche Croce Rossa Italiana, Carabinieri e Polizia di Stato.
«Uno dei più gravi disastri naturali mai accaduto in Sardegna». Il presidente della regione, Christin Solinas, ha dichiarato lo stato di emergenza, chiedendo al governo di stanziare immediatamente delle risorse a sostegno delle comunità colpite, attingendo se necessario direttamente ai fondi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Le fiamme sono partite da un’auto fra Bonarcado e Santu lussurgiu, e si sono propagate a un’azienda agropastorale. Da lì hanno interessato l’area boscosa del massiccio del Montiferru, per poi essere alimentati dal vento e dalle alte temperature fino a raggiungere la costa, nella località turistica di Porto Alabe. Altri fuochi di minore intensità hanno poi colpito altre zone della Sardegna, da nord a sud, in particolare nella provincia di Sassari. Finora sono state 1.500 le persone evacuate dai paesi lambiti dalle fiamme, fra turisti e residenti, e 20 mila gli ettari distrutti.
Serviranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi e la vegetazione distrutti dalle fiamme che stanno divorando la Sardegna ormai da quasi tre giorni. È quando comunicato da Coldiretti a seguito di un monitoraggio condotto per valutare i danni ambientali subiti dall’isola, mentre roghi hanno già raso al suolo oltre 20 mila ettari di vegetazione. Boschi, campi, aziende, abitazioni e perfino l’olivo millenario “Sa tanca manna”, uno degli alberi più antichi dell’isola ed esempio di archeologia botanica, sono andati distrutti.
Secondo Coldiretti «lecci, roverelle e sughere secolari sono andate in fumo in aree dove saranno impedite anche tutte le attività umane tradizionali» come la pastorizia, a causa della «distruzione totale delle erbe e delle essenze che sono alla base dell’alimentazione di pecore e mucche». L’associazione di rappresentanza del settore agricolo ha poi puntato il dito contro l’azione dei piromani, ricordando che il 60% degli incendi dell’isola è stimato essere di origine volontaria.