Per Mario non è ancora finita. Dopo che il comitato etico dell’azienda sanitaria delle Marche aveva deciso di autorizzare per la prima volta in Italia il suicidio assistito sono già emerse alcune complicazioni che potrebbero renderne difficile l’applicazione: il comitato ha sollevato dubbi e complicazioni sulle modalità di attuazione del suicidio assistito. Sarà quindi il tribunale di Ancona a decidere.
In Italia non esiste ancora una legge sul suicidio assistito, e che la possibilità di accedervi è regolata esclusivamente da una sentenza della Corte Costituzionale: questo significa che ogni singolo caso deve essere gestito, con criteri non sempre chiari, dalle autorità sanitarie locali. Il comitato etico dell’Asur, formato da medici e psicologi, ha deciso che l’uomo di 43 anni immobilizzato a causa di un incidente stradale rientra nelle condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale per l’accesso al suicidio assistito. Mai il Comitato etico ha sollevato dubbi sulle modalità di attuazione.
Sarà il tribunale di Ancona a decidere se il paziente marchigiano, tetraplegico da 11 anni, potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito. «Il Comitato etico da parte sua – riferisce l’Adnkronos – ha sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco che il soggetto avrebbe chiesto: il tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato». Così la Regione Marche sulla vicenda di Mario (nome di fantasia) che ieri politica, stampa e tv salutavano come «il primo malato a ottenere il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia».
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Secondo il comitato il dosaggio richiesto dall’uomo (20 grammi) sarebbe «una quantità non supportata da letteratura scientifica». Inoltre ha rilevato che l’uomo nella sua richiesta non aveva spiegato le modalità con cui si dovrebbe procedere tecnicamente alla somministrazione. Il comitato ha anche rilevato che non è chiaro se debba essere utilizzato solo il farmaco indicato dal paziente, «nell’ipotesi in cui non si riesca a portare a compimento la procedura di suicidio medicalmente assistito», e ha ritenuto che non sia di sua competenza l’eventuale individuazione di altre modalità. La regione Marche ha fatto sapere in una nota che dovrà essere il tribunale di Ancona a decidere se il paziente tetraplegico «potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito». Secondo la regione Marche, quindi, l’Asur non può procedere al suicidio assistito del paziente, ma serve una nuova decisione del tribunale di Ancona.
L’associazione Luca Coscioni, che aveva seguito fin dall’inizio la vicenda del paziente, ha accusato la regione di voler creare una «trappola burocratica» per impedire che l’uomo posso accedere al suicidio assistito. «Ciò che la regione non dice è che la responsabilità di definire le procedure tecniche non è del malato, ovviamente, ma del Servizio sanitario, che però si rifiuta di farlo. Se necessario e se i tempi dovessero dilatarsi ancora, siamo pronti ad azionare tutti gli strumenti necessari per far rispettare il diritto di Mario (il nome di fantasia dato al paziente) a porre fine alle proprie sofferenze», si legge in una nota dell’associazione.
Ma il problema principale è di tipo legislativo, perché manca una legge sul suicidio assistito. Una proposta di legge in materia di morte volontaria medicalmente assistita è all’esame delle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera e la discussione in Parlamento dovrebbe iniziare lunedì prossimo. I tempi per l’approvazione potrebbero però essere molto lunghi, anche perché il centrodestra, contrario alla legge, sta cercando di ritardarne il dibattimento in aula. C’è anche la possibilità che prima dell’approvazione della legge si arrivi al referendum sull’eutanasia legale, per cui sono state già depositate in Cassazione le firme necessarie e per cui si attende l’autorizzazione.