Oltre a devastare l’Ucraina, l’invasione decisa da Valdimir Putin ha ribaltato gli orizzonti di molte scelte politiche internazionali, soprattutto in Europa. È successo per le esportazioni di armi, con i Paesi dell’Unione europea che hanno deciso di ignorare norme condivise vincolanti, ma soprattutto per le spese militari. La Camera ha approvato un ordine del giorno collegato al decreto Ucraina, promosso dalla Lega e condiviso da tutte le altre forze politiche ad esclusione di Sinistra Italiana e di Alternativa, che impegna il governo a destinare una quota pari al 2% del Pil alla spese militari. Con il risultato di far salire il budget di cui dispongono le Forze armate dai 26 miliardi l’anno attuali (68 milioni al giorno) a 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno), in base ai dati forniti dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini.
Una direzione già intrapresa dal governo Draghi che, secondo indiscrezioni di stampa, starebbe valutando con la prossima legge di bilancio (ottobre 2022) un incremento graduale della spesa militare di circa 8/10 miliardi di euro nei prossimi 5 anni in risposta agli attuali sviluppi geopolitici.
Con l’obiettivo della spesa militare al 2% del Pil, l’Italia seguirebbe così gli altri paesi europei che hanno già previsto l’aumento del budget per la Difesa. Prima fra tutti la Germania, dove il Cancelliere Scholz ha annunciato un piano di riarmo da 100 miliardi di euro per rafforzare l’esercito in risposta all’invasione russa dell’Ucraina. Berlino porta di fatto il budget della difesa al 2% del Pil, da tempo raccomandato come obiettivo Nato. Anche la Francia si adeguerà e anche la “neutrale” Svezia intende raggiungere i livelli suggeriti dalla Nato.
Lo stesso farà l’Italia. Con l’ordine del giorno approvato a Montecitorio il governo viene impegnato ad «avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2% del Pil predisponendo un sentiero di aumento stabile nel tempo, che garantisca al Paese una capacità di deterrenza e protezione a tutela degli interessi nazionali, anche dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici». L’Italia, da quando Lorenzo Guerini ha assunto il dicastero della Difesa, ha costantemente aumentato il proprio bilancio della Difesa.
Il bilancio della Difesa era già passato da 21,4 miliardi del 2019 a 24,5 miliardi del 2020, pari rispettivamente all’1,38 e 1,41% del Pil. Ma il vero balzo in avanti ci sarà nei prossimi anni. Come evidenzia l’Osservatorio dei Conti pubblici italiani, «l’aumento nel 2020 è dovuto sia all’incremento degli stanziamenti (circa 1,6 miliardi), sia alla caduta del Pil indotta dalla crisi Covid-19. Anche nel 2021 gli stanziamenti sono aumentati di altri 2,2 miliardi rispetto all’anno precedente. A causa dell’aumento delle risorse nel biennio 2020-2021, il rapporto sarebbe cresciuto anche in assenza della caduta del Pil».
Ma adesso i Cinquestelle sono pronti a far muro in Senato sull’aumento delle spese militari. Giuseppe Conte ha manifestato internamente il suo no convinto all’idea di un incremento, i suoi fedelissimi al Senato sono pronti a dare battaglia, ma il Movimento è diviso. Gianluca Castaldi, uno dei fedelissimi del leader, sostiene che bisogna «evitare che un solo euro venga messo a disposizione dell’aumento di spesa per l’ammodernamento della difesa prima che si diano aiuti reali e sostanziosi a famiglie ed imprese». E annuncia: «Stiamo stilando un documento che metteremo alla prova parlamentare davanti agli occhi (e ai voti) delle altre forze politiche». Si parla di un ordine del giorno del Movimento da contrapporre all’odg di Lega e Fratelli d’Italia, favorevole all’aumento, sulla falsariga di quanto votato alla Camera (con l’ok del M5s).