Una domenica di fine maggio del 2019 varie file di persone si snodavano davanti a vari palazzi di Belgrave Square, la piazza delle ambasciate nel centro di Londra. Erano cittadini europei in fila per votare, ciascuno nella sede diplomatica. Cinque anni dopo, la scena davanti all’Istituto Italiano di Cultura, all’epoca adibito a seggio, non si ripeterà: gli italiani che vivono nel Regno Unito non potranno andare a votare sul posto per il Parlamento Ue, non ci sarà nessun seggio. Chi lo vuole, dovrà presentarsi in un seggio in Italia. Alle elezioni europee dell’8 e del 9 giugno rischiano di mancare 400 mila elettori italiani che vivono in Gran Bretagna.
Cosa è cambiato? Il Regno Unito è uscito dall’Ue. Gli italiani che risiedono in paesi extraeuropei devono necessariamente tornare in Italia per poter esprimere il proprio voto: per la prima volta questo si applica anche agli italiani che vivono nel Regno Unito, per i quali votare è quindi diventato più complicato e dispendioso.
Alle ultime elezioni europee, quelle che si sono svolte tra il 23 e il 26 maggio del 2019, il Regno Unito era ancora un paese membro dell’Unione e quindi gli italiani residenti lì ebbero la possibilità di votare senza dover rientrare in Italia. Il Regno Unito però uscì dall’Unione il 1° febbraio 2020: da quel momento i cittadini italiani che risiedono nel paese sono equiparati a quelli che vivono in un qualsiasi paese extraeuropeo. Tra le altre cose questo significa che non possono più votare a distanza per le elezioni europee, ma solo per quelle politiche (come infatti successe alle ultime elezioni, nel 2022): questo per via del decreto legge n. 408 del 1994 secondo cui possono votare dall’estero per l’elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo «i soli cittadini italiani residenti in uno Stato membro dell’Unione europea iscritti all’Aire».
L’Italia è fra i sei paesi europei (insieme a Bulgaria, Irlanda, Slovacchia, Malta e Repubblica Ceca) che non hanno creato un sistema per permettere ai loro cittadini che vivono al di fuori dell’Unione di votare alle elezioni europee senza dover rientrare. Questo rende molto più complicato esercitare il proprio diritto di voto, dato che tornare a casa è spesso dispendioso sia in termini di tempo che di denaro: per esempio, le agevolazioni e gli sconti per tornare a votare nel proprio comune di residenza valgono solo sul territorio nazionale e quindi non sono applicabili a viaggi in aereo o treno internazionali.
L’unico paese con una legislazione ancora più restrittiva è l’Irlanda, i cui cittadini che hanno spostato la loro residenza fuori dall’Unione non possono proprio votare alle elezioni europee, neanche tornando a casa. Un caso simile è quello della Bulgaria, i cui cittadini residenti fuori dall’Unione possono votare alle elezioni europee solo se tornano a vivere in un qualsiasi stato membro almeno tre mesi prima del voto. I cittadini maltesi, cechi e slovacchi possono invece votare tornando al loro comune di residenza, come quelli italiani.
Nella maggior parte degli stati dell’Unione Europea i cittadini che vivono in un altro stato membro o in un paese extraeuropeo possono votare senza lasciarlo, con due modalità principali: votando di persona al seggio elettorale più vicino, che spesso ha sede in un consolato, oppure per posta. Il primo metodo è in vigore in paesi come la Croazia, il Portogallo e la Polonia, mentre il secondo in Lussemburgo, in Germania e in Grecia. In alcuni paesi, come l’Ungheria, la Spagna e la Lituania, si può votare in entrambi i modi. Infine in alcuni paesi, tra cui Belgio, Paesi Bassi e Francia, è permesso votare anche per procura, ossia delegando a qualcuno, di solito un famigliare, il potere di votare per te nel tuo paese d’origine. L’Estonia è l’unico stato membro in cui si può votare anche elettronicamente, oltre che in persona al consolato e per posta.