C’è voluto un po’ di tempo, ma alla fine ci stanno arrivando tutti. Prima i virologi, che da qualche giorno chiedono un “riconteggio” dei morti di Covid. E ora anche il direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini, secondo cui qualcosa non torna nel bollettino di decessi giornalieri dovuti al coronavirus. Come mai la curva dei decessi non scende così rapidamente come quella dei contagi? «Per rispondere – dice Magrini a Repubblica – bisognerebbe capire qual è la ragione del decesso. Un numero importante di morti attribuiti al Covid non ha in realtà Sars-Cov2 come causa principale».
Il castello di carte comincia a traballare: Roberto Bertollini, esperto di sanità pubblica, già rappresentante dell’Oms all’Ue e ora consulente del ministro della Salute del Qatar, ritiene infatti che da noi la mortalità sia “troppo alta”. Qualcosa non torna. Li abbiamo contati male? Abbiamo sbagliato approccio? Dovevamo aprire invece di chiudere? Evitare «tachipirina e vigile attesa»? Puntare sulle cure e non solo sui vaccini? Forse, dice Bertollini è arrivato il momento di indagare.
Chiedono dati precisi, chiarimenti sull’uso di antibiotici e soprattutto una commissione di inchiesta medica per accertare il numero di decessi per Covid degli ultimi mesi. «Vorrei dati precisi. Per questo sarei favorevole a una commissione di inchiesta medica per accertare quanti dei decessi degli ultimi tempi sono avvenuti per il Covid e quanti invece siano di persone, positive al tampone, ma decedute per tutt’altra causa», dice all’Agi Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova. Anche Roberto Burioni aveva sollevato la stessa questione: «È necessario un approfondimento sul numero di morti per Covid che si continua a registrare in Italia», è il post apparso sui social del professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele.
Bisogna avere il coraggio di andare a fondo alla questione Covid, di mettere le mani nel calderone di numeri e far emergere tutte le inesattezze che gli ultimi due esecutivi hanno tentato di seppellire. Partiti come Italexit e parlamentari come Claudio Borghi della Lega e Galeazzo Bignami di Fdi hanno chiesto di istituire commissioni d’inchiesta sulla gestione della pandemia. È un tema, questo, su cui non si può cedere: tutto quello che è stato fatto deve venire a galla. Anche Giorgia Meloni, presidente del Consiglio in pectore per il centrodestra, ha fatto sua la richiesta di creare una commissione di indagine ad hoc. «Uno studio dell’istituto Mario Negri pubblicato sull’autorevole rivista scientifica The Lancet certifica che l’utilizzo di antinfiammatori riduce del 90% le ospedalizzazioni dovute al Covid», ha scritto la Meloni citando il lavoro di Remuzzi. «Quanti medici hanno rivolto invano continui appelli al ministro Speranza per rivedere i protocolli di cure domiciliari e superare la “tachipirina e vigile attesa”? Una delle prime cose che faremo a inizio della prossima legislatura sarà quella di istituire una commissione d’inchiesta sulla disastrosa gestione della pandemia. È arrivato il momento della trasparenza, ognuno sarà chiamato ad assumersi le proprie responsabilità».
È ora che si sappia che cosa è accaduto davvero con i piani pandemici mancanti, con la censura del report di Francesco Zambon, con i protocolli su tachipirina e vigile attesa, con la mancata attivazione delle terapie intensive supplementari. Ed è giunta l’ora di fare chiarezza, una volta per tutte, sullo spaventoso numero di morti registrato dalle in Italia, divenuto tristemente record europeo. L’aria sta cambiando: l’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità contiene un’analisi del Case fatality rate (Cfr), cioè l’indicatore che permette di misurare il tasso di letalità del virus. Guarda caso emerge che, quando questo indicatore è standardizzato sulla popolazione europea, i valori risultano «sempre più bassi rispetto ai valori del Cfr standardizzato che ha come riferimento la popolazione italiana». Tradotto: il tasso di letalità calcolato a livello europeo risulta più basso del dato riferito alla popolazione italiana. Per quale motivo? Secondo l’Iss, «le differenze con gli altri Paesi europei, in termini di letalità, sono in parte dovute alla struttura per età della popolazione italiana, relativamente più anziana».
Ma come mai il Giappone, che ha una popolazione anziana come e più della nostra, ha uno dei tassi di letalità più bassi del mondo? La sensazione è che sia un po’ troppo facile cavarsela dando la colpa all’età. Urge indagare, perché se avessimo speso un filo di attenzione in più sulle cure, e non solo sui vaccini, oggi forse dovremmo contare meno defunti. Serve il coraggio di affrontare il problema, serve una inchiesta.