Ci risiamo con il tormentone delle mascherine al chiuso. Dopo aver costretto gli italiani a sopportare restrizioni sempre più gravose e difendendo le proprie scelte anche mentre il resto del mondo tornava alla normalità, il ministro della Salute uscente Roberto Speranza avrebbe pronto il suo testamento. Ma è giallo. La disposizione che prescriverebbe il ritorno delle mascherine al chiuso e la limitazione degli assembramenti, annunciata martedì, è stata smentita dagli uffici del ministro: «Nessuna circolare in arrivo. Prosegue il monitoraggio del quadro epidemiologico e si continua a raccomandare la quarta dose per fragili e over 60».
Eppure, le 18 pagine del documento, firmato da Gianni Rezza (direttore della Prevenzione) e Stefano Lorusso (direttore della Programmazione sanitaria), per di più indirizzato a dicasteri, ordini professionali, istituti medici, società di trasporto e alla Regione Veneto, esistono. La Verità aveva diffuso la bozza della circolare “Indicazioni per la gestione dell’epidemia Sars-Cov-2 nella stagione autunno-inverno 2022-23”.
Un testo con il quale Speranza voleva lasciare in eredità nuove linee guida da seguire in caso di risalita dei contagi. A partire, ovviamente, dalle mascherine: «Il loro utilizzo in spazi chiusi potrà essere una prima opzione per limitare la trasmissione nella comunità in caso si documentasse un evidente peggioramento epidemiologico». Ma non finisce qui: «Nel caso di peggioramento sensibile si potrà valutare l’adozione di misure temporanee come il lavoro da casa o la limitazione delle dimensioni degli eventi che prevedono assembramenti». La circolare si conclude con l’ennesimo appello rivolto a tutta la popolazione italiana al di sopra dei 12 anni al doppio richiamo di vaccino.
Ma cosa ha spinto Speranza a fare marcia indietro? Una possibilità è che qualcuno più in alto di lui, tipo Mario Draghi, abbia fatto notare al ministro che partorire una misura di tale portata, con i membri dell’esecutivo prossimi al trasloco, sarebbe stato uno sgarbo istituzionale. È opportuno che sia il centrodestra, appena insediato, a dettare gli indirizzi della politica sanitaria per il prossimo inverno. Alle incongruenze si aggiunge un elemento: gli enti locali non sarebbero stati a conoscenza dell’intenzione di predisporre una stretta. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, ha riferito che «non abbiamo mai avuto incontri» in proposito. L’unico a essere incluso tra i destinatari della bozza, in effetti, era l’assessorato alla Sanità del Veneto. E casualmente, Luca Zaia, meno di una settimana fa, aveva ribadito che «ci vuole l’uso della mascherina in condizioni di assembramento».
Comunque siano andate le cose, il balletto sulla circolare è l’ennesima testimonianza della fallimentare gestione Speranza. Con una cifra stilistica permanente: l’incertezza, la confusione, la paura. Ma un conto è prorogare di un mese le mascherine in Rsa e ospedali, un conto è evocare il ritorno delle mascherine, qualora il quadro peggiori nella stagione fredda. È molto peggio minacciare l’impiego dei dispositivi di protezione «in spazi pubblici chiusi», oltre che parlare di «lavoro da casa» (che comporta ulteriori aggravi sulle già astronomiche bollette) e «limitazione delle dimensioni degli eventi che prevedono assembramenti» (se cinema, teatri e discoteche non chiudono per il caro energia lo faranno per i divieti Covid).