È da mesi che i paesi membri stanno negoziando soluzioni comuni per far fronte ai rincari del gas, ma le diverse sensibilità sulla politica energetica non consentono di arrivare a un accordo. Il piano della Commissione europea contiene meccanismi di acquisti comuni di gas, così da sfruttare una maggiore capacità negoziale per ottenere prezzi più bassi, di solidarietà nelle forniture, nel caso in cui alcuni stati membri si trovino a far fronte a un’improvvisa mancanza della materia prima, e infine un nuovo meccanismo per la determinazione del prezzo del gas. Non si tratta di un tetto al prezzo del gas, il cosiddetto price cap su cui si discute da mesi senza trovare un accordo. Il provvedimento, che riprende molte idee già discusse dai capi di stato e di governo al Consiglio europeo informale di Praga, sarà poi discusso a livello politico durante il Consiglio europeo.
Il progetto prevede l’introduzione di un nuovo meccanismo di riferimento per stabilire il prezzo del gas, diverso dal prezzo che si definisce sul Title Transfer Facility (TTF), il mercato energetico di Amsterdam, che in questi mesi ha mostrato molti problemi. Ci lavorerà l’ACER, l’Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, che consegnerà un modello entro marzo 2023. Nel frattempo la Commissione suggerisce di affrontare l’emergenza con un limite al prezzo dinamico, una misura temporanea e di ultima istanza, da attivare se i prezzi dovessero andare di nuovo fuori controllo.
La linea Draghi non è passata. Primo perché l’Italia avrebbe voluto un tetto generalizzato mentre il price cap temporaneo della Commissione Ue non è riferito a tutto il gas utilizzato per la produzione di elettricità ma solo a quello proveniente da singoli Paesi. La proposta del tetto al prezzo del gas «dinamico», nella versione italica, avrebbe dovuto prevedere un valore di riferimento calcolato usando parametri esterni, come il prezzo del greggio e del carbone o i prezzi del gas nel Nordamerica e in Asia, e permettere fluttuazioni, nella misura per esempio del 5%, verso l’alto o verso il basso, rispetto al valore centrale. Al momento, però, non c’è l’indicazione né del valore di riferimento né dell’oscillazione tollerata.
Non solo. Ci saranno acquisti comuni di gas ma non li farà la Commissione Ue, come è avvenuto per i vaccini anti-Covid, e neanche gli Stati membri. Saranno le compagnie energetiche a doversi mettere d’accordo. Saranno loro a decidere se e quanto gas acquistare, se stipulare i contratti singolarmente o collettivamente, se sarà meglio creare un solo consorzio o più consorzi. Le stesse società avevano la priorità di riempire le scorte a tutti i costi, cosa che ha prodotto un aumento dei prezzi, perché gli acquirenti europei si sono messi in competizione tra loro.
Il premier uscente Draghi insiste da mesi con una posizione negoziale che si è rivelata, se non perdente, inefficace o quantomeno frustrante al netto dell’essere difficilmente realizzabile dal punto di vista del mercato. Al tempo stesso, in questo vertice europeo il governo Draghi sta prendendo degli impegni in termini di razionamento che ricadranno però su chi sta per arrivare a Palazzo Chigi. Come gestirà la Meloni la pesante eredità lasciata da chi l’ha preceduta? La strategia dichiarata di recente dalla leader di Fdi era quella di disaccoppiare il prezzo della luce e del gas, imporre un tetto al costo in bolletta, cercare di fissare un prezzo europeo, incentivare le riconversioni. Ma non sarà facile ripartire da una base negoziale così incrinata e per giunta di fronte a un’Europa sempre più indecisa e divisa.