È il 15 marzo 2021, quattro vaccini anti-Covid sono stati immessi sul mercato con grande enfasi, ma in via emergenziale: non c’è tempo, bisogna muoversi alla “velocità della scienza”, come dirà anni dopo il responsabile commerciale di Pfizer, Janine Small, interrogata dalla Commissione Covid in Parlamento Europeo. Nel frattempo però tutto il mondo ha iniziato una grande campagna di vaccinazione di massa. Si va all’hub, si firma il consenso informato e si riceve la dose del vaccino prescelto o in alternativa di quello al momento disponibile.
Ma proprio il 15 marzo 2021 sul sito dell’Aifa appare una comunicazione non proprio incoraggiante: «L’Aifa ha deciso di estendere in via del tutto precauzionale e temporanea, in attesa dei pronunciamenti dell’Ema, il divieto di utilizzo del vaccino AstraZeneca Covid19 su tutto il territorio nazionale». Non è solo l’Italia a prendere questa decisione, ci sono anche Francia, Germania e Olanda, a causa di sospetti eventi tromboembolici legati alla vaccinazione con il vaccino prodotto da AstraZeneca.
Mentre i cittadini si chiedono se il vaccino sia o meno sicuro, inizia la corsa alla somministrazione con Pfizer o Moderna. Ma a seguito delle segnalazioni, intanto, l’Agenzia italiana del farmaco ha dovuto avviare un’indagine, stilando un elenco di tutti i casi in cui il vaccino contro il Covid ha avuto esito fatale, suddiviso per case farmaceutiche. Alla fine del documento le conclusioni non lasciano spazio a dubbi: «Appare evidente un eccesso di mortalità cardiovascolare per il vaccino AstraZeneca (a prescindere dai singoli lotti) concentrata nella fascia di età intorno ai 50 anni».
Una conclusione che necessita ulteriori approfondimenti e il ricorso a pareri di esperti. Un intoppo nella narrazione “perfetta” dei vaccini che salvano le vite, che fa storcere il naso all’allora direttore generale di Aifa, Nicola Magrini, che in una mail scrive: «Mi sembra tutto molto, anzi troppa enfasi a eventi non correlati. Sono solo queste le possibilità? Così si uccide questo vaccino». Tutto ciò è emerso durante l’ultima puntata della trasmissione Fuori dal Coro, condotta da Mario Giordano, che ha mostrato in esclusiva le mail interne ad Aifa.
Ma all’Aifa c’è volontà di andare avanti su quella strada: qualche giorno dopo, infatti, l’Ema riconosce che «il vaccino può essere associato a casi molto rari di coaguli di sangue associati a trombocitopenia», richiedono quindi alla farmaceutica di fare nuovi studi in tal senso e di aggiungere l’indicazione nel foglietto illustrativo. Ma tutto sommato il parere è positivo e dunque gli Stati possono riprendere la vaccinazione con AstraZeneca. La direttrice di Ema, Emer Cooke, chiarisce che ogni Stato ha la responsabilità decisionale e può quindi «decidere se riprendere o meno la somministrazione del vaccino AstraZeneca». L’Italia ha evidentemente un bel po’ di dosi da smaltire e quindi si riparte immediatamente.
Tanti medici e tanti scienziati non allineati alla narrazione a senso unico, nel frattempo sottolineavano che i guariti non avrebbero dovuto vaccinarsi. E hanno pagato caro le loro prese di posizione sulla base di chiare evidenze scientifiche. L’Aifa continua a tacere, anche se sui loro documenti interni sanno benissimo cosa sta succedendo. «Stanno arrivando molte richieste di parere su queste questioni, e aumenteranno quando i vaccinati riferiranno varie reazioni di vario tipo e grado quando si presenteranno per la seconda dose».
Quindi all’Aifa, secondo questi documenti interni sui vaccini, sanno già che gli effetti avversi aumenteranno. Sanno che bisognerebbe considerare il rischio/beneficio della valutazione. Ma non dicono nulla. Si cancellano i dati, non si considerano effetti avversi sui guariti, si preferisce mettere a tacere verità scomode come i decessi sottostimati. Ma perché tutto questo? Il dubbio viene: in questi anni di campagna vaccinale qual è stata la cosa più importante: salvare le persone o salvare i vaccini?