Nell’ultimo decennio sono stati tagliati 37 miliardi e 25mila operatori. Sempre in contrasto, con idee e ideologie diverse, lontani anni luce su qualsiasi punto programmatico, destra e sinistra, però, hanno in comune la passione per i tagli alla sanità. In soli 10 anni, dal 2010 al 2020, anno della pandemia da Covid-19, sono stati sottratti ai nostri ospedali 37 miliardi di euro, in nome di un presunto risparmio e “razionalizzazione” (così è stata definita) delle risorse.
Una tendenza che sembra non volersi arrestare, nonostante i due anni appena trascorsi in emergenza sanitaria con reparti al collasso e personale medico carente. Come riporta La Stampa con la pandemia momentaneamente i finanziamenti sono risaliti. Ma, passata la paura del Covid, con il governo Meloni è già cominciata la discesa, che nel 2025 porterà a soli 75 miliardi le risorse disponibili al netto dell’inflazione. Nel 2006 erano 90.
Tutti i governi nell’ultimo decennio hanno ridotto gli investimenti: 4.800 medici in meno, 9.000 infermieri in meno, 8.000 medici di famiglia e guardie mediche in meno. E ancora, come riepilogato sempre da La Stampa: meno 30.492 anche i posti letto, con 111 ospedali e 113 pronto soccorso ad aver chiuso i battenti, mentre al contrario il privato convenzionato, quello che spesso lascia al pubblico i malati più complessi e meno redditizi, ha raddoppiato, passando da 445 a 993 strutture che lavorano pagate dalle Regioni.
Ogni partito al potere negli ultimi anni si è detto pronto a battersi per invertire questo pericoloso trend. Nei fatti, però, è sempre successo il contrario: tagli su tagli. I peggiori sono stati quelli tra il 2010 e il 2020, quando i vari Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte hanno contribuito a sforbiciate da record. Il risultato? Le liste d’attesa arrivano a 12 mesi per una tac o una mammografia, l’80% delle apparecchiature è obsoleto, gli over 65 assistiti a domicilio sono meno del 3%.
Per riallinearsi alla spesa degli altri Paesi Ue, servirebbero almeno 50 miliardi di euro. Secondo Federico Spandonaro, economista sanitario dell’Università San Raffaele di Roma e presidente del Crea, «il Paese nel suo insieme non cresce, per via dell’enorme sommerso. Quindi bisognerebbe recuperare l’evasione e decidere quali settori possono dare un maggior contributo all’aumento del Pil. E uno di questi può essere proprio la sanità».