Ben 383 chiusure nei primi sei mesi dell’anno. Il pub, uno dei simboli dell’Inghilterra, sembra avere i giorni contati. Nonostante, nel Regno Unito e in Irlanda, siano considerate le chiese del popolo, con la “differenza”, oltre alla moquette, «che vi si può avere anche una buona conversazione», come diceva William Blake.
La crisi del settore non è un fenomeno nuovo, ma gli ultimi dati non lasciano via di scampo: secondo i dati resi noti dall’Ufficio nazionale di Statistica nei primi sei mesi del 2023 hanno già chiuso 383 pub in Inghilterra e Galles. Una cifra molto vicina a quella dell’intero 2022 (386 chiusure) segnato dall’emergenza Covid. In pratica, siamo al ritmo di due pub al giorno che abbassano per sempre le serrande e che vengono riconvertiti in appartamenti, uffici o negozi. La situazione è particolarmente preoccupante in Galles, dove nella prima metà dell’anno corrente hanno detto basta in 52 birrerie. Una tendenza simile in altre due aree del Paese, le regioni del Nord-Ovest inglese e la seppur sterminata Londra, entrambe con 46 chiusure.
Un trend che sembra in fase di accelerazione. Il numero dei pub in Inghilterra è costantemente in calo da anni: erano 60mila nel 2000, ora siamo a 45mila. I pub continuano a essere una presenza importante in ogni paese e ogni quartiere: ne restano quasi quarantamila, 39.404 per la precisione. Dieci anni fa però erano 55mila.A questo ritmo tra 25 anni spariranno del tutto. Forse ne resteranno alcuni preservati come reperti da museo, un po’ come le cabine telefoniche rosse che i turisti amano fotografare ma che da lungo tempo non sono più utilizzate.
Tutta colpa dell’inflazione e della crisi energetica, che ha mandato in rovina molti locali. Eppure, dopo l’esplosione del Covid, il governo britannico ha aiutato sensibilmente i pub e le attività di ristorazione, non solo con un fiume di denaro durante i lockdown. Ancora oggi, infatti, i locali godono di un forte sconto sulle bollette, del 75%, fino a un massimo di 110mila sterline all’anno (circa 125mila euro). Questo bonus, che all’esecutivo costa quasi 2,5 miliardi di euro, è destinato a svanire dalla primavera 2024. Perciò Chris Jowsey, ceo della catena “Admiral Taverns”, ha esortato il governo di Rishi Sunak «a prolungare la misura, altrimenti potrebbe esserci una strage dei pub inglesi». «Con i costi energetici aumentati dell’80% rispetto all’anno precedente, in un periodo di bassa crescita, alta inflazione e alti tassi di interesse – aggiunge Alex Probyn di Altus Group – l’anno prossimo l’ultima cosa di cui i gestori avranno bisogno è un aumento medio delle spese pari a 12.385 sterline (circa 15mila euro)».
Le cause principali dello spopolamento e della chiusura di molti pub in Inghilterra e Galles stanno proprio nel ricasco della crisi economica sui cittadini. A Londra una pinta di birra è arrivata a costare anche 8 sterline (circa 9 euro) e, nell’era post Covid, molti inglesi vanno al pub più raramente rispetto al passato. Poi c’è una questione generazionale e culturale: crisi o meno, statistiche alla mano, i giovani britannici frequentano molto meno le tradizionali birrerie rispetto a genitori e nonni. Infine, anche a causa della Brexit e del duro sistema di immigrazione a punti, in molti locali manca lo staff, che prima dell’uscita dall’Ue e dalla pandemia veniva colmato da tanti giovani europei, i cui numeri si sono ora ridotti.
A Londra l’emergenza non si vede. I pub sono spesso stracolmi, soprattutto nel dopolavoro o nel weekend, anche di turisti. I problemi emergono quando si esce dal centro e si entra in periferia. Qui i locali, soprattutto quelli indipendenti e non parte di grandi catene come Wetherspoons o Stonegate, per sopravvivere non possono alzare i prezzi più tanto, visto che si basano sulla clientela principalmente locale. E dunque faticano di più a sopravvivere. Ma neanche le grandi catene se la passano benissimo. Tanto che stanno aumentando il prezzo di birra, vino e liquori quando i locali sono più affollati, nei weekend, la sera, o durante la trasmissione di grandi eventi sportivi. La decisione che sta facendo scalpore oltremanica è del gruppo Stonegate, il più grande del Paese, che gestisce circa 4500 pub, bar e ristoranti, come la catena “Slug & Lettuce” e Yates, e che ne ha messi in vendita ben 800, così come decine per Wetherspoons. Il provvedimento prevede di far pagare pinte e bicchieri di bevande alcoliche 20 pence (meno di 25 centesimi di euro) in più a consumazione. Tanto da essere ribattezzata la “unhappy hour” dei pub inglesi.