Il valico di Rafah tra Egitto e Striscia di Gaza è stato chiuso di nuovo dopo l’ingresso dei primi venti camion di aiuti umanitari. La televisione di Stato egiziana ha mostrato diversi mezzi che attraversavano l’enorme cancello del valico di frontiera, entrando dal lato egiziano verso l’enclave palestinese. Il governo egiziano controlla il varco di Rafah, cioè l’unico passaggio di confine con la Striscia di Gaza che non porti in territorio israeliano, che consente agli aiuti umanitari di entrare nella Striscia e ai profughi che scappano dai bombardamenti di uscire.
L’Egitto ha consentito un’apertura parziale del varco per far entrare nella Striscia di Gaza alcuni aiuti umanitari. Su una cosa però il governo egiziano ha mantenuto una posizione intransigente fin dall’inizio del conflitto: l’Egitto non accetterà profughi palestinesi. I primi aiuti umanitari dunque cominciano a entrare a due settimane dal sanguinoso attacco di Hamas a Israele, dopo 15 giorni di assedio che hanno portato la situazione umanitaria nella Striscia vicino al collasso. A Gaza, 2,4 milioni di persone sono allo stremo, da giorni a corto di acqua, elettricità e carburante. «Il convoglio di aiuti umanitari comprende 20 camion che trasportano medicine, forniture mediche e una quantità limitata di forniture alimentari», ha fatto sapere l’ufficio stampa di Hamas.
Il convoglio è una «goccia nell’oceano» rispetto alla quantità richiesta a Gaza, ha sottolineato l’Onu. Juliette Touma, dell’Unrwa, l’Agenzia per il soccorso dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente, ha detto che è necessario un flusso continuo degli aiuti umanitari. Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha esortato in un comunicato «tutte le parti a tenere il valico di Rafah aperto per rendere possibile il costante transito di aiuti che è imperativo per l’assistenza della popolazione di Gaza».
Il varco di Rafah era stato chiuso nei primi giorni del conflitto tra Israele e Hamas dopo che Israele aveva bombardato la zona circostante dal lato palestinese. I bombardamenti poi si sono placati, e ora di fatto è l’Egitto a volerlo tenere chiuso: sia per evitare passaggi di persone sia per il timore che, se l’Egitto farà entrare convogli di aiuti nella Striscia di Gaza, l’aviazione israeliana potrebbe bombardarli. Il New York Times ha raccontato che da giorni ci sono decine se non centinaia di persone accampate all’addiaccio nella zona attorno al varco, in attesa di poter uscire.
L’Egitto non è preparato. La penisola del Sinai, che è la zona immediatamente confinante con la Striscia di Gaza, è una grande area semidesertica e scarsamente popolata priva di infrastrutture e dove operano milizie armate. L’Egitto non ha i mezzi per accogliere decine o centinaia di migliaia di profughi, o per organizzare un sistema di accoglienza in breve tempo. L’Egitto teme inoltre che l’accoglienza dei profughi palestinesi si possa trasformare in un problema di sicurezza. Anche in tempo di pace il varco di Rafah è strettamente controllato. I palestinesi che vogliono entrare in Egitto devono affrontare una complicata burocrazia perché devono ottenere un permesso sia dalle autorità egiziane sia da quelle di Hamas.