Non sono un nuovo gruppo di estremisti. I ribelli yemeniti Houthi, che da settimane stanno rallentando il traffico marittimo nel Mar Rosso con i loro attacchi in risposta all’offensiva israeliana contro Gaza, sono attivi da tempo. In risposta una coalizione di paesi guidata dagli Stati Uniti nella notte tra giovedì e venerdì ha bombardato diversi siti militari usati dai ribelli Houthi in Yemen. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che i bombardamenti sono stati coordinati con Regno Unito (che ha partecipato direttamente all’attacco), Australia, Canada, Paesi Bassi e Bahrein. L’operazione militare dell’Occidente contro gli Houthi punta ad assicurare ai commerci mondiali sicurezza in uno degli snodi logistici globali. Ma può portare all’escalation in Medio Oriente.
L’attacco, come si legge in un comunicato dell’aviazione statunitense, ha colpito circa 60 obiettivi militari in 16 diversi luoghi dello Yemen, tra cui basi aeree, aeroporti e campi di addestramento. Il bombardamento è arrivato a seguito del rifiuto dato dal gruppo sciita a un ultimatum statunitense, che chiedeva l’interruzione degli attacchi contro le navi cargo. Le operazioni militari, compiute con con droni e missili, sono iniziate a novembre 2023, ufficialmente come ritorsione verso l’invasione della Striscia di Gaza da parte di Israele, ma con il chiaro scopo politico di ottenere legittimità e prestigio all’interno del mondo musulmano e mostrarsi come avversari di Tel Aviv.
Il movimento degli Houthi è nato tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento nello Yemen del nord, unico luogo al mondo dove si pratichi la corrente dell’Islam sciita conosciuta come zaidismo. Per secoli il paese è stato dominato dalle tribù zaidite, di cui gli Houthi sono il gruppo principale, ma nel 1962 l’imamato zaidita fu rovesciato e sostituito da una repubblica araba guidata dai sunniti, che ancora oggi rappresentano la maggioranza religiosa nel paese.
Lo zaidismo venne quindi sottoposto a un processo di assimilazione culturale e religiosa, ma negli anni Novanta, dopo l’unificazione del paese, le politiche più tolleranti del governo di Ali Abdullah Saleh consentirono una rinascita dello zaidismo. Gli Houthi sfruttarono questa apertura per pianificare il loro ritorno al potere con l’appoggio dell’Iran, principale attore di fede sciita della regione e rivale dei musulmani sunniti.
Gli Houthi si allinearono così alla dottrina del leader iraniano Khomeini e cominciarono a contrastare il governo sunnita, riconosciuto a livello internazionale, attaccando i suoi legami con i governi occidentali e con l’Arabia Saudita. Lo scontro militare cominciò tra il 2004 e il 2010, quando gli zaiditi compirono una serie di attacchi contro il governo centrale e raggiunse il culmine con la guerra civile del 2014, che dura ancora oggi, e la conquista della capitale Sanaa da parte degli Houthi.
Per questo motivo i membri del gruppo sciita vengono spesso definiti “ribelli”, anche se ormai gli Houthi detengono il controllo di tutto lo Yemen occidentale, la parte più ricca del paese affacciata sul mar Rosso. Lo scontro con quello che resta del vecchio governo non si è mai interrotto, causando una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, con le due fazioni sostenute rispettivamente dall’Iran e dall’Arabia Saudita che si combattono indirettamente nel territorio yemenita.