«Questa proposta depenalizza un’importante forma di corruzione e può avere un impatto sull’efficacia della lotta alla corruzione». È netto il giudizio di un portavoce della Commissione europea sulla cancellazione dell’abuso d’ufficio prevista dal ddl Nordio, che nei giorni scorsi ha incassato il primo ok al Senato. La stessa posizione Bruxelles l’aveva già espressa lo scorso luglio nel report annuale sullo Stato di diritto: le proposte di modifica contenute nel ddl «depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero compromettere l’efficace individuazione e lotta alla corruzione».
D’altra parte quando il ddl diventerà legge, l’Italia sarà l’unico Paese dell’Unione europea in cui abusare del potere pubblico a fini privati sarà consentito: l’unico, cioè, in cui la fattispecie di reato di abuso d’ufficio non è prevista. Il dato è riportato proprio nella proposta di direttiva anti-corruzione, che riporta l’esito di un questionario condotto tra gennaio e febbraio 2023: nella definizione adottata dall’Onu («il fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell’esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un’altra persona o entità») l’abuso d’ufficio è previsto come reato da tutti e 25 gli Stati membri coinvolti (non hanno risposto Bulgaria e Danimarca).
Il reato di abuso d’ufficio in Italia è previsto dall’articolo 323 del codice penale e punisce chi commette illeciti nell’esercizio delle proprie funzioni di pubblico ufficiale: riguarda quindi i funzionari pubblici in generale, e tra questi molto spesso anche sindaci e amministratori locali. La pena prevista è la reclusione da uno a quattro anni.
È un reato da tempo contestato, soprattutto da sindaci e amministratori locali, sia di destra che di sinistra, perché per come è formulato ha ambiti di applicazione molto ampi e poco definiti: questo permette l’apertura di molte indagini proprio a carico di sindaci e amministratori, che però nella quasi totalità dei casi si concludono con archiviazioni o assoluzioni. Gran parte di loro ritiene che sulla base del reato di abuso d’ufficio chiunque e per qualsiasi ragione, anche per interesse personale, può insinuare con un esposto alla procura che un pubblico ufficiale abbia abusato della sua funzione, limitando così moltissimo il suo lavoro. Sindaci e amministratori sostengono che il timore di incappare in questo reato li porti spesso a evitare di prendere decisioni su provvedimenti che hanno carattere discrezionale, anche i più banali, per il timore di incorrere in procedimenti penali. Questo secondo loro causerebbe in molti casi anche eccessi burocratici che sarebbero alla base di alcune lentezze della pubblica amministrazione.
La tesi critica verso l’abuso d’ufficio è sostenuta anche da diversi esperti di diritto che ritengono che il reato vada riformato o abolito, ma ce ne sono anche molti altri che pensano che vada bene com’è e che sia molto sbagliato pensare di abolirlo, come sta cercando di fare il governo di Giorgia Meloni con la riforma della Giustizia del ministro Carlo Nordio.