La Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso di ascoltare gli argomenti pro e contro l’immunità a Donald Trump, mentre un giudice dell’Illinois ha stabilito l’ineleggibilità del Tycoon alle primarie dello Stato. La Corte Suprema ha deciso di ascoltare gli argomenti sull’immunità di Donald Trump nel caso che lo vede accusato dal procuratore speciale Jack Smith di aver voluto sovvertire le elezioni del 2020, ritardando così ulteriormente il processo federale. Il massimo tribunale americano ha fissato le udienze nella settimana che inizia il 22 aprile, e probabilmente una decisione non arriverà prima di giugno o luglio.
È un fatto molto importante per Trump, perché l’inizio del processo era previsto per marzo: la decisione della Corte Suprema lo ritarderà, lasciando quindi a Trump la possibilità di proseguire indisturbato la campagna elettorale per le primarie dei Repubblicani.
Si tratta della seconda volta che la Corte Suprema entra in gioco in un procedimento a carico dell’ex presidente. A inizio mese, infatti, i nove saggi hanno ascoltato le argomentazioni pro e contro l’esclusione di Trump dalle elezioni in virtù del 14esimo emendamento che la prevede in caso di “partecipazione o istigazione a un’insurrezione”. Il caso per cui Trump aveva chiesto l’immunità riguarda l’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021 da parte di alcuni suoi sostenitori. A dicembre una giudice federale aveva respinto la richiesta per l’immunità di Trump e i suoi legali avevano fatto appello. Al di là delle singole accuse, i suoi avvocati sostengono che al tempo Trump godesse dell’immunità presidenziale e che quindi non possa essere processato per presunti reati commessi mentre era in carica come presidente.
I presidenti statunitensi godono di alcune forme di immunità giudiziaria, ma non ci sono precedenti che attestino se questa immunità si possa estendere anche ai processi penali: Trump è il primo presidente della storia a essere stato incriminato. La strategia della sua difesa prevede di stabilire che di fatto il presidente possa godere di una “immunità assoluta”, che lo protegge da qualsiasi procedimento per gli atti commessi mentre è in carica.
L’ex presidente è imputato per 91 capi di accusa in quattro diversi processi, incluso quello per l’assalto al Congresso. Il primo è il procedimento avviato dalla procura di Manhattan per un pagamento in favore dell’attrice di film porno Stormy Daniels, mentre il secondo riguarda l’accusa di aver conservato alcuni documenti governativi riservati nella propria villa di Mar-a-Lago, in Florida. La terza incriminazione, la più grave e quella che prevede le pene massime più pesanti, è appunto quella federale che riguarda l’attacco al Congresso del gennaio 2021 e il tentativo di sovvertire l’esito delle elezioni presidenziali del 2020, vinte da Biden. Trump inoltre è incriminato in Georgia con l’accusa di aver tentato di cambiare i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali del 2020 nello stato, al fine di ribaltarne il risultato generale.
Trump è attualmente il favorito alle primarie del Partito Repubblicano, e quindi quasi sicuramente affronterà l’attuale presidente Democratico Joe Biden alle prossime elezioni presidenziali di novembre. «Gli studiosi di diritto sono estremamente grati per la decisione odierna della Corte Suprema di occuparsi dell’immunità presidenziale. Senza l’immunità un presidente non può operare adeguatamente o prendere decisioni nel migliore interesse degli Stati Uniti». Lo ha scritto Donald Trump sul social media Trutrh commentando la decisione del massimo tribunale americano. Si tratta di una vittoria per il tycoon perché ritarda l’inizio del processo.