Quasi sei mila elettori che hanno scelto il voto disgiunto hanno provocato la prima, clamorosa, sconfitta di Giorgia Meloni nell’era della destra di governo. Si tratta presumibilmente dei leghisti di Matteo Salvini e sostenitori di Christian Solinas, vista la tensione che ha preceduto la scelta del candidato presidente. Forza Italia e Lega, in un comunicato congiunto, si dicono «rammaricati per il fatto che l’ottimo risultato delle liste della coalizione di centrodestra, che sfiorano il 50% dei voti, non si sia tramutato anche in una vittoria del candidato presidente».
In effetti lo scrutinio ha mostrato una situazione strana anche se non del tutto inedita nelle elezioni locali: la coalizione che ha preso più voti non ha vinto le elezioni. Dal 1999, infatti, la legge prevede l’elezione diretta del presidente di regione, scelto non più dai componenti del Consiglio regionale in base ad accordi politici ma da cittadini e cittadine. Per questo oltre a votare per un partito, alle regionali si vota anche per il candidato o la candidata, e ciò che conta davvero sono appunto i voti che prendono i singoli candidati: chi tra loro ne ottiene di più, ha la garanzia di diventare presidente.
Di solito, però, i voti ottenuti da un candidato e la somma dei voti raccolti dai partiti e dai movimenti che lo sostengono coincidono, o comunque differiscono di poco. In questo caso, invece, il candidato presidente della destra, Paolo Truzzu, ha ottenuto 328mila voti, quasi 6mila voti in meno delle liste che componevano l’alleanza di destra. Al contrario, Todde ha ottenuto 331mila voti come candidata presidente, circa 10mila in più di quelli delle liste a suo sostegno. Significa che molti elettori di Todde hanno scelto il cosiddetto “voto disgiunto”, cioè hanno votato lei come presidente e una lista di destra al consiglio regionale.
Tutto questo si spiega innanzitutto con lo scarso consenso personale che aveva Truzzu, militante storico dell’estrema destra e amico di lunga data di Meloni, sindaco di Cagliari dal 2019. Che non fosse granché amato dai suoi stessi concittadini non era così difficile da comprendere. Le graduatorie di Governance Poll realizzate dal Sole 24 Ore tramite sondaggi per misurare la popolarità degli amministratori in questi anni lo hanno sempre visto in fondo alla classifica, tra gli ultimi cinque o sei sindaci italiani. Nel 2023, l’ultima disponibile, era all’84esimo posto, quartultimo tra i sindaci analizzati.
L’immagine di Truzzu è arrivata indebolita al voto di domenica anche per via del lungo scontro tra Fratelli d’Italia e Lega, dopo il quale è stato scelto come candidato. Il presidente uscente, Christian Solinas, era il segretario del Partito Sardo d’Azione ed espressione di Salvini. Ora che i rapporti di forza nella destra sono cambiati, e che Fratelli d’Italia è di gran lunga il partito egemone della coalizione, Meloni ha però voluto rivendicare questo primato imponendo un suo candidato. Diversi quotidiani hanno raccontato nei giorni scorsi che Salvini e Solinas avrebbero suggerito ai propri elettori di fare voto disgiunto: votando cioè il proprio partito ma la candidata del centrosinistra Todde. Ma prove attendibili di questo atteggiamento non sono emerse al momento, ed è una tattica estremamente complicata e azzardata da mettere in pratica.
Truzzu ha ottenuto 6mila voti in meno rispetto al totale dei voti delle sue liste: se questa tendenza fosse dovuta a una deliberata scelta della Lega, che ha preso 25mila voti di lista, bisogna assumere che quasi un elettore leghista sardo su quattro ha votato per Todde. Se a quelli della Lega si aggiungono i 37mila voti del Partito Sardo d’Azione, significa quasi un elettore su dieci che, su indicazione di Salvini e Solinas, avrebbe espresso una preferenza per la candidata di centrosinistra. Sono ipotesi non confermate e un po’ inverosimili.
Il voto disgiunto è molto difficile da organizzare su una scala così ampia, perché è un’azione non proprio banale, imporrebbe ai dirigenti locali di esporsi nel dare un’indicazione che potrebbe comprometterli col loro stesso elettorato ed eventualmente con gli alleati. Più verosimilmente, Lega e Partito Sardo d’Azione non si sono spesi molto a sostegno di Truzzu, e questo ha sicuramente condizionato anche i loro elettori. L’atteggiamento determinato di Meloni, che ha voluto imporre la sua volontà, ha irritato gli alleati, e il loro malumore si è molto probabilmente riverberato prima sui sostenitori di Salvini e Solinas e poi sul loro elettorato.