«Serve un nuovo leader». A pronunciare quella che suona come una sentenza contro Matteo Salvini è stato Umberto Bossi a Gemonio in occasione della festa per i 40 anni della Lega. «Non mi pare che Matteo Salvini abbia mostrato attenzione per la questione settentrionale, ma serve andare in quella direzione. Servirebbe qualcuno che abbracci la questione e la porti avanti con determinazione». Ottantadue anni, il volto segnato dall’età e dai postumi dell’ictus che lo colpì vent’anni fa, Bossi non si è negato alla “sua” analisi del momento politico, del Carroccio e del Paese. «Se la base non approva i programmi, non vai da nessuna parte. Diventa una bolla di sapone. Se Giancarlo Giorgetti potrebbe sostituire Salvini? Giorgetti è uno bravo, ma non dico niente se no lo massacrano».
Per Bossi la Lega ha guidata da Salvini «ha preso un’altra strada». Tutto ebbe inizio il 12 aprile del 1984, in piena Prima Repubblica, quando un piccolo editore, una maestra elementare, un rappresentante di commercio, un commerciante, un odontotecnico e un architetto si misero d’accordo per dare vita a una piccola formazione locale, da cui prenderà piede la Lega, oggi il partito più longevo del parlamento italiano. Umberto Bossi era l’editore, quella che sarà sua moglie, Manuela Marrone, la maestra elementare, Marino Moroni, Pierangelo Brivio, Emilio Sogliaghi e Giuseppe Leoni erano gli altri padani che si diedero da fare per registrare l’associazione “Lega Lombarda Autonomista”, che poi si unirà alla “Liga Veneta” e alla “Lega Piemont”, creando la Lega Nord. Fu proprio Bossi a scrivere di suo pugno lo statuto federalista-autonomista, scegliendo il simbolo di Alberto da Giussano per il movimento. All’inizio ci fu l’obiettivo unico dell’indipendenza padana e del mito del federalismo.
Bossi arriva in Senato nel 1987. Il suo diventa, di colpo, il quarto partito della Repubblica. Tanto che dopo pochi anni si allea con Silvio Berlusconi, appena sceso in campo. Al Carroccio vanno l’8,4% dei voti e 180 parlamentari. Bossi manda 5 ministri al governo, tra cui Maroni. Arriva poi il “patto delle sardine”, con D’Alema e Buttiglione. Bossi fa nascere, con il leader del Pds e con il popolare, il governo tecnico guidato da Lamberto Dini. E riprende la battaglia secessionista. Convoca i suoi a Pontida, che negli anni sarà l’appuntamento clou dei militanti, e si inventa riti come l’ampolla del Po, o anche il Parlamento padano con sede a Villa Riva Berni di Bagnolo San Vito, in provincia di Mantova.
Poi l’ictus nel 2004 e il referendum confermativo sulla devolution nel 2006 che, attribuiendo nuovi poteri alle regioni blocca di fatto il progetto leghista, sono l’inizio della fine. E arrivano anche i problemi giudiziari per il fondatore della Lega, con la tesoreria Belsito, tra scandali per investimenti oscuri all’estero e rendicontazioni poco chiare dei rimborsi elettorali. Il vecchio capo, stanco e malato, deve lasciare e si dimette. È il 5 aprile del 2012. Nelle successive tornate elettorali il partito, che viene poi affidato proprio a Maroni, è in caduta libera, fino al 4,8%.
Il 7 dicembre 2013, alle primarie Matteo Salvini lancia la sua scalata alla Lega e sfida Bossi, ottenendo l’81,66% dei voti, mentre il fondatore resta fermo al 18,34%. Inizia l’ascesa di Salvini, che nel giro di cinque anni, porterà di nuovo la Lega al governo, con il M5s stavolta, divenendo vicepremier e ministro dell’Interno. Con Conte, premier pentastellato, però finisce male, ad agosto del 2019 c’è lo strappo del Papeete. Dopo la rottura del governo gialloverde, Salvini resta all’opposizione del Conte 2, ma poi schiera la Lega con Draghi, quando l’ex governatore della Bce viene chiamato dal presidente Mattarella a formare il governo nel 2021.
Salvini negli anni costruisce la sua di Lega, firma la svolta sovranista e nazionalista dimenticando la secessione e varcando i confini del nord. La Lega Nord nel frattempo diventa “Lega per Salvini premier” anche per tenere botta alla vicenda della condanna alla restituzione di 49 milioni di euro sottratti in modo illecito allo Stato, tra il 2008 e il 2010, inflitta dal tribunale di Genova al partito. Dal 22 ottobre 2022 è nuovamente Vicepresidente del Consiglio, oltreché ministro delle infrastrutture e dei trasporti,nel governo Meloni. Da quel momento Salvini però è in caduta arrivando a un modesto 8,9% alle ultime politiche.