Oggi ritorno ai miei interessi di Estetica. Non si può scrivere senza porsi il problema, sempre attuale, di cos’è l’arte e la poesia. È una questione mai definitivamente risolta, che esisterà finché lo spirito umano sentirà il bisogno di dare forma alle proprie visioni.
Croce è un pensatore ‘forte’, dal pensiero complesso. La sua Estetica non è una ‘scienza’ autonoma, e non può essere separata dalla Filosofia.
Nel primo capitolo il filosofo individua gli elementi necessari della poesia. Essi sono le immagini, e il sentimento. Questo viene convertito in immagini (p.7). Quindi in poesia il sentimento è ‘contemplato’ e ‘superato’. Da qui l’idea della poesia come intuizione lirica, e intuizione pura. Successivamente Croce distingue l’arte dalla filosofia, dalla storia, ecc. La cifra dell’arte – a suo giudizio – è data dal ruolo svolto dall’immagine. Si badi bene, però, che riconoscere il valore dell’immagine non deve indurci a pensare che l’arte sia un ‘gioco di immaginazione’, né è sufficiente il sentimento nella sua immediatezza (pp. 12-13) perché ci sia poesia. Il ‘sentimento contemplato o poesia’ è altra cosa da quello ‘agito o sofferto’ (pp. 13-14). Non sono, quindi, opere di poesia quelle in cui il sentimento irrompe.
Croce dal capitolo terzo in poi definisce cos’è l’arte ricorrendo a ragionamenti per negazione. Se nella poesia è essenziale il ruolo delle immagini e del sentimento, non è possibile altresì pensare l’attività poetica slegata da altre attività dello spirito (p.17). Esiste una relazione fra le varie forme spirituali (filosofia, storia, ecc.) dell’uomo che nella poesia trova una sua unità. Non esiste il ‘poeta puro’ ma la poesia presuppone tutte le altre forme dello spirito umano (p. 24).
In ‘Intuizione ed espressione’ il filosofo nota che senza i ‘verba’, cioè l’espressione non c’è nemmeno la ‘res’, cioè il contenuto. La scrittura poetica riproduce nel suo piccolo il mistero della creazione del mondo. È per questo che la poesia va distinta dalla comunicazione, e l’Estetica dalla tecnica, cioè da un complesso di cognizioni a ‘uso pratico’. Gli oggetti materiali, quindi, prodotti con l’ausilio della tecnica, non sono opere d’arte (p. 34):
[…] Il lavoro della comunicazione ossia della conservazione e divulgazione delle immagini artistiche, guidato dalla tecnica, produce, dunque, gli oggetti materiali che si dicono per metafora «artistici» e «opere d’arte»: quadri e sculture ed edifici, e poi anche, in modo più complicato, scritture letterarie e musicali, e, ai giorni nostri, fonografi e dischi di fonografi, che rendono possibile di riprodurre voci e suoni. Ma né queste voci e suoni né i segni della pittura, della scultura e dell’architettura sono opere, le quali non altrove esistono che nelle anime che le creano o le ricreano. […]
L’arte è insomma una forma altissima dello spirito umano. Si manifesta nell’espressione, e non è scindibile dalle ‘varietà delle personalità artistiche e dai loro stati d’animo’. Pensare quindi – e qui mi sembra di ravvisare la fecondità del pensiero crociano – di ridurre l’arte (come accade nelle nostre società) a tecnica o peggio ancora solo a merce è non solo follia, ma il segno di una crisi senza precedenti della civiltà occidentale. Abbiamo abbandonato – parafrasando le parole di Milan Kundera – quello spirito, quella cultura che per secoli accompagnò l’Europa.