È stato recentemente pubblicato il rapporto annuale di Assofranchising, in merito allo stato dell’arte del franchising in Italia. In gran parte, le notizie sono positive e tale tipologia di contratto di impresa continua a trovare riscontri tra gli operatori commerciali. Più nel dettaglio, è emerso che, tra il 2014 ed il 2017, i volumi complessivi del settore franchising sono cresciuti del 5,7% per giro di affari e del 3,8% per punti vendita aperti. È quasi stabile il numero di franchisor totali (-1,3%), un calo fisiologico, soprattutto per quanto riguarda le realtà più piccole che non riescono ad affermarsi in fase di lancio della propria idea di affiliazione commerciale. Dal punto di vista merceologico, a parte “l’intramontabile” settore delle agenzie immobiliari in franchising, il settore migliore è quello “food” (ristorazione, vendita di alimenti e bevande e Gdo), che mostra segni di indubbia vivacità, grazie ai sottosettori “Bio” e “discount”. Anche il settore del benessere (palestre, centri estetici, Spa e simili), che da diverso tempo è legato al franchising (famoso il caso “di scuola” Sportsman di Milano), registra un trend positivo. Tra le “nuove tendenze”, è significativa la posizione dei franchisors che operano nel campo dei servizi per la salute (soprattutto cliniche dentistiche).
IL CORAGGIO DI CRESCERE. È chiaro che, per avviare una rete di affiliazione commerciale servono requisiti soggettivi (esperienza pluriennale, possesso di un know how solido) ed oggettivi (replicabilità del modello economico, credibilità delle stime). Soprattutto, serve compiere una scelta precisa: quella di condividere la propria esperienza con altri imprenditori e di veder diffondere la propria idea di business. Non è roba da tutti. Ma cosa serve per diventare franchisor e quanto costa avviare una rete commerciale in franchising? Serve, innanzi tutto, uno studio preliminare del mercato potenziale e delle potenzialità dell’attività. Se è verificato che questa “può funzionare davvero”, il costo della redazione del modello di contratto dovrebbe essere contenuto tra i 3.500 ed i 6.000 euro; più o meno lo stesso la costruzione del piano economico connesso al franchising. È più difficile calcolare il costo della tutela del marchio, dell’apprestamento di un mix comunicativo via internet (sito, storytelling, pagine social, pubblicità, modelli per i punti vendita…). Insomma, tendenzialmente il costo “chiavi in mano” di una seria e credibile rete di franchising da proporre al mercato non dovrebbe essere inferiore ai 20.000 euro circa. L’importante è convincersi di non poter fare da soli. Le fasi preliminari all’offerta del franchising non possono essere svolte da chi non ha una specifica preparazione sul punto. Affidarsi a “servizi-contenitore” che offrono, ad esempio, il business plan senza nemmeno aver dato uno sguardo ai bilanci pregressi vuol dire, nella maggior parte dei casi, buttare soldi. Tuttavia, se ben impostato, un piano di franchising potrebbe veramente consentire di fare il salto di qualità e di moltiplicare in modo esponenziale le entrate delle eccellenze italiane, non importa quanto piccole siano e da quale punto siano partite. D’altronde, anche i franchisor già affermati da qualche parte avranno pur dovuto cominciare.