Nonostante il nostro pianeta sia sempre più avvinto dalle spire della globalizzazione, da molti definito come un processo irreversibile, e dalle questioni ad essa legate, che assumono sempre più una dimensione mondiale, soprattutto in Europa, alcune regioni non intendono abbandonare le proprie velleità di indipendenza. Che le muovano ragioni storico-tradizionali, motivi di opportunità politica o semplice furore ideologico, contesti come la Catalogna, la Scozia, ed in maniera più blanda le regioni del Nord Italia, per citarne alcune, hanno ripetutamente tentato di ottenere l’indipendenza dai rispettivi stati nazionali nonostante la dimensione globale di innumerevoli fenomeni, quali quelli economici o migratori, suggerisca la creazione di organismi o forme di coordinamento internazionali per offrire risposte globali a problemi globali.
IL SOGNO PADANO DI BOSSI. Prima dell’aspetto attuale che caratterizza il movimento di Matteo Salvini, esisteva una lega di lotta che viveva a pane e indipendenza. Era la lega di Umberto Bossi e del sogno padano, oggi raffreddato da un Salvini più attento a mantenere un profilo istituzionale in vista della possibile investitura a leader del centro-destra. E se gli eventi che stanno accadendo in Catalogna destano lo sgomento di molti, non bisogna dimenticare che proprio Umberto Bossi ha anticipato il collega Carles Puigdemont di 20 anni nella proclamazione d’indipendenza della Repubblica Federale Padana nel lontano settembre del 1996. Accadimento che coinvolse quasi 5 milioni di persone che votarono per l’indipendenza della Padania e concorsero all’elezione di un parlamento padano mai entrato in funzione così come mai riconosciuto fu l’esito di quelle consultazioni. Un atto che rimase simbolico, insomma, come sembra essere destinato a restare quello del presidente Puigdemont che, infatti, sembra già essersi mosso per richiedere l’asilo al di fuori della Spagna in vista di una sua possibile incriminazione. Del sogno padano di Bossi rimane oggi soltanto l’art. 1 dello statuto della Lega che sancisce ancora le volontà indipendentiste del movimento lombardo, un retaggio ambiguo se messo a paragone con l’attuale linea politica di Matteo Salvini.
LA SCOZIA IRREDENTA. Un altro nodo mai risolto riguarda certamente la Scozia. Nonostante la Gran Bretagna abbia avviato i negoziati per l’uscita dall’Unione Europea, questa regione del mondo rimane all’interno di una sfera geo-politica puramente europea. Un’eventuale indipendenza scozzese, infatti, potrebbe disegnare intrecci “fantapolitici” intriganti che vedrebbero l’Inghilterra rimanere fuori dall’UE e la Scozia, regione dalla vocazione fortemente europeista, chiedere l’ingresso nel processo d’integrazione comunitario. Nei recenti referendum chiesti e poi persi dagli indipendentisti, si sono intrecciati motivi economici a quelli politici. Non è un caso che le contee più favorevoli all’indipendenza nel 2014 siano state Glasgow, North Lanarkshire, West Dunbartonshire e Dundee con un recente passato di declino post-industriale. Per la Scozia vale, tuttavia, lo stesso discorso dell’impatto, probabilmente, più negativo che positivo sulle proprie questioni interne in caso di separazione dal regno unito. Il poter infatti disporre direttamente e senza vincoli delle proprie risorse energetiche, gas e petrolio in particolare, cozza con il nodo della moneta e del debito pubblico che si dovrebbe rinegoziare con la stessa Gran Bretagna.
CREMA CATALANA. Arriviamo dunque alla complicatissima quanto attuale situazione spagnola. La parte ispanica della penisola iberica non sembra infatti avere pace dopo il lungo periodo di instabilità politica che ha privato per mesi la Spagna di un governo autorevole fino alla nascita dell’ennesimo esecutivo Rajoy. La provincia della Catalogna, infatti, ha nei giorni scorsi proclamato l’indipendenza da Madrid per bocca della presidente del parlamento di Barcellona, Carme Forcadell, che ha letto in aula la dichiarazione. L’esecutivo regionale guidato da Carles Puigdemont ha così accontentato la base del movimento indipendentista che chiedeva a gran voce questo passaggio formale dopo le tensioni con Madrid delle ultime settimane. Un episodio che non sorprende viste le fortissime identità regionali che da sempre hanno attraversato la Spagna moderna caratterizzate non soltanto da quella catalana ma anche, ad esempio, da quella basca. La partita per l’indipendenza si preannuncia, tuttavia, molto complessa, una situazione densa e vischiosa, come una crema catalana, appunto. Il governo di Madrid ha infatti commissariato la regione applicando per la prima volta nella storia l’art.155 preannunciando l’incriminazione per Puigdemont ed i suoi collaboratori. Questi ultimi, sorprendendo un po’ tutti, hanno deciso di chiedere asilo politico a Bruxelles rinunciando a difendere “sul campo” il progetto indipendentista. Il governo Rajoy ha convocato per il 21 dicembre le elezioni per il rinnovo degli organi regionali commissariati, anche questo potrebbe costituire un appuntamento fondamentale nella lunga ed estenuante partita a scacchi tra Madrid e Barcellona. Gli indipendentisti potrebbero infatti decidere di partecipare alle consultazioni dandole una lettura politica rafforzativa del proprio progetto politico qualora riuscissero ad allargare la propria base di consensi. Dall’altro lato, i governativi proverebbero a far passare questa scelta da parte degli indipendentisti come una resa all’ordine costituzionale dello stato. Diversi analisti hanno provato ad immaginare uno scenario europeo con la Catalogna indipendente ed in molti vedrebbero nella nuova entità statale un elemento di sicura debolezza. La Catalogna si ritroverebbe infatti senza un proprio servizio di forze armate e dunque nell’impossibilità di assicurare il controllo dei propri spazi terrestri ed aerei. Un suo ingresso in organismi internazionali come la NATO o l’UE potrebbe portare nuovi elementi di tensione con Madrid. Una Catalogna indipendente, infine, potrebbe essere un’opportunità per la Russia di Putin che potrebbe estendere la propria influenza su questa sponda del Mediterraneo.