«Solo un pazzo può restare sano di mente», un ossimoro prima ancora che il titolo di un brano, una contraddizione dall’impatto immediato e penetrante, pensata ad arte per colpire l’ascoltatore prima ancora che parta la melodia. Il singolo “It takes a fool to remain sane”, il più famoso dei The Ark, ha avuto un successo impressionante fin dalle prime settimane dal suo lancio. Anticipava già alla fine del 2000 dinamiche e tendenze che avrebbero caratterizzato la storia recente e la contemporaneità.
WE ARE THE ARK. Si chiamava proprio così l’album di lancio del gruppo rock svedese dei The Ark che pochi sanno essere la seconda band musicale scandinava in termini di successi e vendite dopo i famosissimi ABBA. Il quartetto, guidato dal cantante Ola Salo e inizialmente composto dal chitarrista Jepson, dal bassista Lars Ljungberg e dal batterista Martin Rosengardten, è stato addirittura inserito nella “Rock and Roll Hall of Fame and Museum” di Cleveland che rappresenta il gotha del rock and roll mondiale. E pensare che questa band ha iniziato a muovere i primi passi in un tranquillo villaggio rurale della Svezia meridionale, Rottne, appena 2 mila abitanti, sobborgo della più popolosa Växjö sdraiata sulle placide acque del lago Helgasjön. Dal 1997 si aggiunge alla band il talentuoso chitarrista Martin Axén in un periodo dove molti avevano cominciato ad accorgersi del grande potenziale dei The Ark. L’anno della svolta è proprio il 2000, dopo la sostituzione del batterista Rosengardten con Sylvester Schlegel avvenuta l’anno prima, la band firma con la Virgin e si mette a lavorare al primo album, “We are The Ark”, che conterrà due dei singoli più famosi in assoluto della band, “It takes a fool to remain sane” e “Let your body decide”. Il secondo album “In lust we trust”, pubblicato nel 2002, contiene altri brani abbastanza noti come “Calleth you, Cometh I” e “Father of a Son”. Dal 2002 al 2011, anno di scioglimento del gruppo dopo vent’anni di impegno musicale, è un susseguirsi di concerti, album di successo e tour promozionali che consacrerà una band capace di conquistarsi un palcoscenico di rilevanza mondiale grazie allo stile esplosivo e teatrale delle proprie performance ed alla profondità dei temi trattati.
UN MONDO PARALIZZATO DALLA PAURA. Il video della canzone più famosa del gruppo rock svedese “It takes a fool to remain sane”, si apre con il frontman, Ola Salo, accovacciato ai piedi di una scalinata, immerso nei suoi pensieri, quasi racchiuso in una manifesta diversità che sente l’urgenza ed il bisogno di esprimere, di comunicare all’esterno spezzando «the walls of attitude», i muri dell’abitudine, il grigio conformismo che nella visione dei The Ark ingesserebbe i rapporti sociali inibendo la possibilità di vivere il nostro essere con spontaneità e naturalezza. La paura, con la parola «afraid» che ritorna più volte nel corso del brano, è tra le protagoniste del pezzo. Si staglia sullo sfondo offerto dai grattacieli che si intravedono nel video, si concretizza nell’impossibilità di violare gli stili e la moda prevalente per il timore di essere giudicati, di essere esclusi dagli “altri”, «the others», come vengono definiti nella canzone. Il brano vuole allora essere un’opportunità per scuotere le coscienze, un inno alla naturalezza, uno sprone a non dare troppo peso ai giudizi altrui. Il messaggio dei The Ark è di avere il coraggio di essere ciò che si è senza badare alla possibilità di apparire grassi, gay, pazzi o strani: «They’re afraid to feel ashamed, to seem strange, to seem insane, to gain weight, to seem gay» canta Ola Salo a ritmo tambureggiante avanzando tra i palazzi. Ed il prototipo di questo atteggiamento sprezzante dei luoghi comuni è proprio Ola Salo che, dal tetto di uno dei grattacieli visti nella prima parte del video, “porta sul palcoscenico” un uomo dai capelli color rosso vivo, con indosso abiti sgargianti e appariscenti, con le unghie smaltate. In poche parole se stesso. «Your heart decide, what you have to do», lascia che sia il cuore a dirti cosa fare, canta Salo al termine del brano puntando l’indice contro la videocamera, cercando così un collegamento diretto con lo spettatore. “It takes a fool to remain sane” ci lascia in eredità un messaggio universale sul rispetto delle diversità e sulla loro valorizzazione che rimane attuale nella modernità liquida dominata dalla paura del futuro, dell’ignoto, del diverso da noi.