Tuta blu e scarpe da ginnastica. In piedi su una centralina telefonica con i capelli sciolti e senza hijab. Un gesto di ribellione alle ferree regole del regime islamico che le è costato il carcere. Adesso Vida Movahed, così si chiama la donna di Teheran diventata il simbolo della lotta contro il velo obbligatorio, è libera. La sfida di Vida, lanciata dall’incrocio tra via Enghelab e via Abureihan della capitale, ha ispirato, però, tante altre donne: in piedi su cassonetti, panchine e muretti sventolano il loro hijab. Un vento di ribellione che dal 2014 soffia dal movimento “My Stealthy Freedom” (La mia libertà furtiva), fondato da Masih Alinejad, giornalista e attivista iraniana, che a suon di post e foto su Facebook vuole affermare il diritto delle donne di scegliere il proprio abbigliamento. Di indossare il velo o decidere di non farlo.
IRAN SENZA VELO. A dare l’annuncio della scarcerazione di Vida Movahed, è stata l’avvocatessa attivista Nasrin Sotoudeh, che si era interessata subito al suo caso. Per “La ragazza della strada della Rivoluzione”, così era stata ribattezzata data la sua identità sconosciuta, era stata organizzata una campagna social con l’hashtag #whereisshe, al fine di fare pressione sulle autorità iraniane per sapere qualcosa sulle sue sorti. Nei giorni scorsi era arrivato anche l’intervento di Amnesty International che ne richiedeva il rilascio, chiedendo inoltre alle autorità iraniane, di porre fine alla persecuzione delle donne che protestano pacificamente, definendo questa pratica umiliante e discriminatoria. Ma a poche ore dal rilascio di Vida, un’altra attivista iraniana è stata arrestata per non aver indossato il velo. Una forma di protesta che ricalca quella di Vida: la donna, di cui non si conosce ancora il nome – come riporta il Guardian – aveva toto l’hijab bianco attaccandolo ad un albero.
MY STEALTHY FREEDOM. Nella Repubblica degli ayatollah ancora oggi è proibito alle donne di mostrarsi senza velo nei luoghi pubblici. Una regola stringente, sempre più messa in dubbio. Una ribellione raccontata anche negli scatti della fotografa olandese Marinka Masséus arrivata a Teheran per fotografare le donne mentre si tolgono il velo. Ma insieme al velo le donne si liberano di tante restrizioni e violazioni. La fotografa olandese per realizzare questo progetto, nato dalla collaborazione con il movimento “My stealthy freedom” di Masih Alinejad, si è chiusa in un appartamento, con finestre coperte da carta stagnola affinché non trasparisse all’esterno neanche il flash della fotocamera, chiedendo ai suoi soggetti di togliere il velo e lanciarlo in aria. Le immagini raccontano un istante potente. Quell’istante in cui le donne iraniane mostrano a tutto il mondo la loro richiesta di libertà.
DALLE MINIGONNE ALL’HIJAB. Eppure non molti anni fa esisteva un Iran libero e tollerante dove le donne potevano frequentare le università, votare e scegliere. Scegliere anche di girare a capo scoperto. Nel 1926, sotto la dinastia dello Shah Reza Pahlavi, l’Iran avvia un processo di modernizzazione forzata che bandiva anche l’uso del velo. Le fotografie di quegli anni mostrano ragazze in minigonna, tacchi alti e bikini. Il velo era visto solo una “moda” del passato. Nel 1942, Mohammad Reza Pahlavi proseguì il lavoro avviato dal padre. La chiamarono “Rivoluzione Bianca”, una serie di cambiamenti che riformarono lo stato di famiglia. Vennero tutelati i diritti delle donne in materia di divorzio e la poligamia subì una limitazione. E venne concesso alle cittadine, persino, il diritto di voto. Ma come la storia insegna nulla è destinato a durare per sempre, tantomeno i regimi politici. Nel 1979 la Rivoluzione e il rovesciamento dello Shah portarono al potere l’Ayatollah Ruhollah Khomeini e con lui una serie di misure restrittive delle libertà femminili, mai del tutto cancellate. L’uso dell’hijab in pubblico divenne obbligatorio. L’Iran ha cambiato aspetto molte volte e spesso lo ha fatto sulla pelle delle donne.