“Excuse me, my name is spelled wrong”. È il primo giorno per Vince Papale nello spogliatoio della sua squadra del cuore e della sua città, i Philadelphia Eagles, e già gli sembra di risvegliarsi da quello strano sogno che lo ha portato, a trent’anni suonati, dal bancone del bar di un suo amico al football professionistico. Non che Vince non meriti di stare lì, anzi: era sempre stato il più talentuoso tra i suoi amici quando, nei campi fuori città illuminati dagli abbaglianti delle auto, dominava le partitelle del mercoledì sera a suon di touchdown. Ma adesso, complici anche quei compagni di squadra che lo snobbano per la sua provenienza non convenzionale, sembra veramente quasi mattina, quando cominci a renderti conto che quello che stai vivendo è un sogno e, malinconicamente, sai che è meglio tornare alla realtà perché la sveglia sta per suonare. Prima però di un buon caffè, molto lungo come piacciono agli americani, tanto vale provare ad allenarsi, facendo vedere a quei compagni così snob di che pasta è fatto un italiano.
TALENTO INNATO. Vince ha dimostrato da sempre di essere bravo negli sport e fin da giovane ha dato ottime impressioni nelle più svariate discipline: dal basket all’atletica, passando per il football. Il giovane Papale vince premi su premi ed è riconosciuto come uno dei talenti americani più promettenti della sua classe, quella del 1946. Del resto buon sangue non mente: Vince è figlio di un’atleta e di un operaio di fabbrica, Frank Papale, che se avesse avuto un po’ più di fortuna e se non ci fosse stata la guerra di mezzo chissà, sarebbe anche potuto diventare un professionista del football. Sì, il football, la passione più grande in casa Papale e a Filadelfia. A Glenolden, il quartiere dove Vince è nato, tutti tifano gli Eagles, soprattutto in un momento in cui la squadra, che ad onor del vero non ottiene risultati splendidi, riesce a fornire a molti in città la possibilità di andare allo stadio a sfogare su quel team malmesso tutte le frustrazioni derivate da una situazione economica complessa che serpeggia in quelle “Streets of Philadelphia” di cui Bruce Springsteen canterà nel ’93. Vince e i suoi amici non sono da meno, e ogni qualvolta gli Eagles giochino a Philadelphia, al Franklin Field sono spesso presenti anche loro che sognano, un giorno, di poter solcare quel terreno di gioco. A dire il vero Vince ha serie possibilità di arrivarci: il suo talento al college gli frutta una borsa di studio alla University of Saint Joseph, nella sua città natale, dove però non c’è una squadra di football. Un duro colpo per le ambizioni del giovane Papale, che nonostante ciò si concentra sull’atletica, specialmente nel salto triplo, dove ottieni traguardi degni di nota. E tra un salto e un altro arriva anche una laurea, nel 1968, in Scienze del marketing e Management. L’anatomia di un giovane di successo insomma. Ma la vita spesso non segue le nostre aspettative.
LA PRECARIETÀ. Dopo la laurea Vince affronta un periodo grigio della sua vita, per colpa di una Philadelphia che, amata matrigna, non gli offre troppe opportunità professionali e sportive. In questi anni Papale fa la spola tra la sua vecchia scuola superiore, dove insegna come supplente, e il bancone del bar di un amico, dove la sera cerca di arrotondare uno stipendio che non soddisfa un giovane tanto brillante. Parallelamente a questa vita di sacrifici però, Vince non abbandona mai la pratica sportiva: sa di avere delle doti importanti, e la speranza di diventare professionista non abbandona mai la sua mente. Per arrivare a varcare quel traguardo che sembra sempre più distante man mano che gli anni passano, nel 1974, a ventotto anni, Papale partecipa ai provini dei Philadelphia Bell, squadra di football dilettantistica della città, e impressiona tutti conquistando, in breve tempo, il posto da titolare nel ruolo di wide-receiver, per intenderci quelli che fanno touchdown. Certamente quella squadra non è al livello del talento di Vince, ma alla fine neanche il team principale di Philadelphia, gli Eagles, fa faville nel mondo professionistico, tanto che nella franchigia in difficoltà viene nominato un nuovo allenatore, Dick Vermeil. Che fa una mossa davvero strana.
L’OPPORTUNITÀ. Quante volte guardando una partita della vostra squadra del cuore vi siete detti “avrei saputo fare di meglio, dovrebbero farmi giocare”. Bene, coach Vermeil, seguendo questo principio, nel ’76 decide di aprire una selezione pubblica a tutti i tifosi degli Eagles, in cerca di qualche talento da mettere sotto contratto. E a Philadelphia, conosciuta come “The City of Love”, è facile cominciare a sognare per i tanti tifosi che si presentano, in massa, al provino. Beh, di talenti coach Vermeil ne ha trovati pochi: tra vecchie glorie ormai panciute e giovanotti troppo gracili, l’iniziativa degli Eagles sembra aver ottenuto come singolo scopo la derisione da parte dei tifosi delle altre franchigie. Se non fosse però per un trentenne, già wide-receiver titolare dei Philadelphia Bell, che nei test fisici corre veloce come una lepre e riesce a controllare ogni lancio del quarterback. Sì perché Vince Papale, spinto più dagli amici che dalla sua volontà, si è presentato a quella selezione e ha impressionato coach Vermeil. Sembra incredibile, ma Vince è adesso a un passo da quel mondo di cui avrebbe dovuto da sempre far parte ma che la sfortuna non gli aveva ancora permesso di raggiungere, il professionismo. Prima però di potere gioire c’è un ultimo ostacolo da superare: gli allenamenti con la squadra. È lì che si decide il destino del ragazzo di Glenolden. È lì che si scrive la storia.
LA LEGGENDA. Nel tunnel che porta dagli spogliatoi al campo d’allenamento, in quei secondi che sembrano ore, Vince sa che quella che gli si presenta davanti è l’opportunità della vita: una settimana di allenamenti, al termine dei quali ci sarà o un contratto da professionista o il ritorno a una vita di precarietà e stenti. Troppo ghiotta la preda per fallire. I compagni non lo vedono, lo snobbano, lo considerano inferiore, ma poco importa: Vince sa di valere, forse anche di più di quei campioncini dal pedigree d’eccellenza fatto di nomination come “All Americans” e titoli universitari, e appena arriva il momento di ballare sa che il rispetto va guadagnato sul campo. Papale lo conquista col sudore e la grinta di un uomo che prima di giocare a football gioca per la sua vita, e prima ancora che difendere una franchigia difende una città. Al termine della settimana di prova, coach Vermeil, visionario che ha dato un’opportunità a tutti, propone un contratto a Vince che, poco dopo, diventa il più anziano esordiente della storia della National Football League (NFL), unico giocatore a non aver avuto una carriera universitaria. Un proletario al potere. Presto Papale, indossando la maglia numero 83, conquista il campo e, con esso, il cuore dei compagni -che lo eleggeranno nel ’78 “uomo dell’anno” – e soprattutto dei tifosi, che vivono con lui il sogno di ogni ragazzino: giocare per la propria squadra del cuore. Le sorti degli Eagles si risollevano, e la squadra torna competitiva dopo anni passati a marcire sul fondo della classifica. Una storia da film quella di Vince Papale, che darà vita alla pellicola del 2006 “Invincible”, col nostro eroe interpretato da Mark Whalberg. Ma si sa, per quanto tante volte la vita si intrecci con la favola, non sempre tutte le belle storie hanno un lieto fine. Un grave incidente alla spalla porterà Vince a un precoce ritiro dall’attività agonistica nel ’78, a trentatré anni. Il 3, un numero che ricorre continuamente nella breve carriera dell’italo-americano: gioca col numero 83, esordisce a 30 anni, gioca a livello professionistico per 3 anni e si ritira dopo averne compiuti 33. Il numero perfetto, la trinità: tutto questo è stato Vince Papale per gli Eagles e per la loro gente.
DOPO IL FOOTBALL. Oggi Vince Papale ha tante storie da raccontare. Oltre alla sua incredibile vicenda sportiva, è riuscito a vincere la partita più importante e dura della sua vita, quella contro un cancro. Ha fatto il commentatore per la televisione e ha messo in campo le sue competenze universitarie diventando direttore regionale del marketing e executive senior per l’istruzione superiore del marketing da Sallie Mae. Oggi, a Philadelphia, sentendo parlare di Vince Papale a qualcuno vengono le lacrime agli occhi, e non c’è tifoso degli Eagles che non conosca a menadito l’azione che portò Vince a ottenere, nel suo anno da matricola, un fumble recovery contro gli odiati New York Giants, riportando le aquile a battere i detestati cugini dopo anni. Lo sport è la forma d’arte che più di tutte riesce a regalare alle persone emozioni e speranze, e Vince ha rappresentato in pieno il sogno americano. E chissà se il custode dello spogliatoio degli Eagles oggi sbaglierebbe a scrivere il suo nome.