Ancora paura in Sri Lanka: nuova esplosione in un furgone vicino a una chiesa a Colombo, mentre gli artificieri stavano disinnescando l’ordigno. Secondo il governo, dietro gli attentati che hanno sconvolto il Paese la domenica di Pasqua, provocando 290 vittime e oltre 450 feriti, ci sarebbe un gruppo jihadista locale. I sette kamikaze farebbero parte del gruppo National Thowheed Jamath, vicino all’Isis. «Non crediamo che gli attacchi possano essere stati portati avanti solo da un gruppo di questo Paese – dice il sottosegretario al governo Rajitha Senaratne – C’è una rete internazionale senza la quale questi attacchi non sarebbero riusciti».
Il National Thowheeth Jamath (Ntj) è un gruppo radicale musulmano che, secondo i media indiani, è noto soprattutto per avere vandalizzato alcune statue buddiste. Anne Speckhard, direttrice dell’International Center for the Study of Violent Extremism, ha detto al New York Times che il gruppo non è un movimento separatista: il suo obiettivo non è l’insurrezione per la creazione di uno stato indipendente, ma la diffusione del jihadismo nel paese «per creare odio, paura e divisione nella società». Le informazioni che si hanno al riguardo non sono molte: si sa che nel novembre 2016 la polizia srilankese arrestò uno dei leader del gruppo che «incitava alla disarmonia religiosa» durante una protesta.
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La strage di Pasqua sembra riportare indietro le lancette del terrore, anche se è difficile collegare gli ultimi attentati alla guerra civile conclusa nel 2009 in cui sono state uccise oltre 100mila persone. La minoranza etnica Tamil, che aveva cercato l’indipendenza dalla maggioranza singalese di religione buddista, è dal punto di vista religioso un mosaico composto da hindu, musulmani e cattolici. Negli ultimi tempi, le tensioni avevano contrapposto monaci buddisti oltranzisti e musulmani, senza coinvolgere la minoranza cristiana ora colpita. Solo negli ultimi 10 giorni era cresciuta l’allerta per le chiese cristiane.