Continuano le misure di emergenza messe in atto dal governo argentino per fronteggiare la crisi finanziaria che ha colpito il Paese. Dopo la stretta sulle banche, costrette a chiedere una speciale autorizzazione per trasferire all’estero i propri utili, il governo ha disposto norme ancora più stringenti sul mercato dei cambi. Misure necessarie per fronteggiare il default tecnico che nei giorni scorsi è stato sancito da Standard & Poor’s e quantificato in misura pari a 110 miliardi di dollari. E che ora per Buenos Aires sta diventando davvero reale. E a tempo di record, se l’Fmi ha deciso di convocare per il 6 settembre una riunione d’urgenza nella quale, con quasi certezza, verrà approvato un re-profiling del piano di salvataggio con allungamento delle scadenze sul debito a breve termine.
Il decreto del governo di Mauricio Macri ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale fissa una serie di limiti sul mercato dei cambi nell’acquisto di valuta estera, una serie di regole definite «straordinarie» che serviranno ad assicurare il «normale funzionamento dell’economia» e creare «un contesto di sostenibilità del debito pubblico». Nello specifico, il decreto stabilisce che le persone fisiche non potranno acquistare valuta estera per importi superiori ai 10mila dollari e che non si potranno fare trasferimenti di fondi dai propri conti bancari verso l’estero per una cifra superiore a 10mila dollari al mese. Le imprese esportatrici dovranno cambiare in pesos argentini i dollari ottenuti all’estero vendendo i loro prodotti e dovranno farlo entro 5 giorni lavorativi o entro 180 giorni dall’esportazione dei prodotti. La Banca centrale ha annunciato infine una forte restrizione al credito per le grandi aziende esportatrici. Tutte queste misure straordinarie saranno valide fino alla fine di quest’anno.
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Il loro scopo è limitare la possibilità per i privati di vendere pesos, un’azione che rischia di farne calare ulteriormente il valore. Il ministro delle Finanze, Hernan Lacunza, ha spiegato che si tratta di misure necessarie per evitare che il rischio di una svalutazione ulteriore della moneta abbia conseguenze negative su «inflazione, povertà e iniquità». Simili misure per il controllo dei capitali erano già state imposte dalla presidente Cristina Kirchner durante la crisi del 2012.
Il provvedimento adottato dall’Argentina è la conseguenza del deteriorarsi del quadro macrofinanziario del Paese dopo la sconfitta di Mauricio Macri alle elezioni primarie a vantaggio dei peronisti Alberto Fernandez e Cristina Fernandez de Kirchner. Macri, nel 2015, aveva vinto promettendo che avrebbe rivoluzionato la politica del suo paese e fatto ripartire l’economia aprendo ai mercati internazionali. Questo non è avvenuto: la sua popolarità tra gli elettori è diminuita e la sconfitta alle primarie ha avuto delle conseguenze sui mercati.