Molta, troppa confusione e poca trasparenza. Prima ancora che la app Immuni, sviluppata a Milano dalla Bending Spoons, entri nella fase dei test, sono già esplose le polemiche sia sul piano politico che tecnico. Tanto che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri sono intervenuti per chiarire che il download di Immuni sarà volontario. Parlando a Palazzo Madama, il premier ha sottolineato che «chi non vorrà scaricare l’app non subirà limitazione nei movimenti o altri pregiudizi».
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Intanto, il ministero dell’Innovazione ha chiarito alcuni dei dubbi che avevano complicato gli ultimi giorni di dibattito, oltre a quello sulla volontarietà del download. Chi ha selezionato Immuni ha previsto che l’app funzioni con il Bluetooth e non con il Gps mediante la conservazione dei dati relativi alla geolocalizzazione degli utenti, il codice sia libero e open source. Inoltre, i dati trattati ai fini dell’esercizio del sistema devono essere «resi sufficientemente anonimi da impedire l’identificazione dell’interessato» e «raggiunta la finalità perseguita tutti i dati ovunque e in qualunque forma conservati, con l’eccezione di dati aggregati e pienamente anonimi a fini di ricerca o statistici» vanno «cancellati».
L’intero sistema integrato di contact tracing sarà gestito interamente da uno o più soggetti pubblici. Su questo aspetto è intervenuto anche Arcuri, dichiarando che l’app dovrà essere connessa «al Sistema sanitario nazionale» e «non sarà possibile allocare le informazioni in luogo che non sia pubblico e italiano, immaginare che vengano allocate in un server o cloud di natura diversa non credo che sia compatibile con il rispetto dei requisiti elementari di sicurezza che l’app dovrà garantire».