«La privacy non è d’ostacolo alla pubblicità dei dati relativi ai beneficiari del contributo laddove, come in questo caso, da ciò non possa evincersi, in particolare, una condizione di disagio economico-sociale dell’interessato». Il Garante per la protezione dei dati interviene ufficialmente sul caso dei deputati che hanno ottenuto il bonus 600 euro, poi elevato a mille, previsto dai decreti Cura Italia e Rilancio per sostenere il reddito di autonomi e partite Iva.
Il Garante conferma, dunque, che l’Inps non può invocare ragioni di privacy per non diffondere i nomi. Lo prevede il Codice della trasparenza e ciò vale soprattutto per coloro che svolgono una «funzione pubblica». «Ciò vale, a maggior ragione, rispetto a coloro per i quali, a causa della funzione pubblica svolta, le aspettative di riservatezza si affievoliscono – scrive il Garante in un comunicato– anche per effetto dei più incisivi obblighi di pubblicità della condizione patrimoniale cui sono soggetti».
Inoltre, il Garante comunica che «sarà aperta una istruttoria in ordine alla metodologia seguita dall’Inps rispetto al trattamento dei dati dei beneficiari e alle notizie al riguardo diffuse».