La curva dei contagi si è impennata e a guidare la corsa questa volta è la Campania, con 2.708 nuovi casi di coronavirus, 912 in più (nella settimana 30 settembre-6 ottobre) rispetto alla settimana precedente, secondo il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe. Il presidente della regione Vincenzo De Luca ha adottato diverse misure che hanno reso la Campania la regione con le restrizioni più rigide. Da un paio di settimane le mascherine sono obbligatorie ovunque, anche all’aperto, e da alcuni giorni i bar devono chiudere alle 23 (dalle 24 il venerdì e il sabato), e sempre dalle 23 i ristoranti possono accettare gli ultimi clienti.
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I contagi in Campania hanno iniziato a risalire ad agosto, come nel resto d’Italia, ma dalla metà di settembre sono aumentati a ritmi più alti del resto d’Italia. Dall’inizio dell’epidemia ha fatto circa 640mila test, uno ogni nove abitanti, mentre per esempio il Lazio, che ha avuto un’evoluzione epidemica simile, ne ha fatti 950mila, uno ogni sei. Tra le regioni italiane, la Campania è quella che ha fatto meno test in rapporto alla popolazione dopo Sicilia, Puglia e Calabria. Il sistema di test in Campania sembra avere qualche problema anche se si considera la percentuale di tamponi che risultano positivi sul totale: in Campania recentemente il tasso di tamponi positivi sul totale è stato nettamente il più alto d’Italia, raggiungendo anche il 6%.
L’aumento dei casi ha portato a una crescita dei posti letto occupati: 521 le persone ricoverate nei reparti e altre 52 in terapia intensiva. Ma l’Unità di crisi della Regione spiega che su base regionale restano altri 99 letti liberi in terapia intensiva e altri 663 posti in degenza. Secondo De Luca non c’è un’emergenza, ma Maurizio Di Mauro, direttore dell’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli, ha detto pochi giorni fa che «gli ospedali sono quasi al massimo della loro possibilità di ricettività di pazienti Covid. La domanda di ricoveri sta diventando abbastanza preoccupante anche se riusciamo ancora ad intervenire in tempo» aggiungendo che l’ospedale Domenico Cotugno «è pieno e lo abbiamo quasi totalmente riconvertito».