Come ripartire dopo la pandemia è la domanda che rimbalza dalla Cina all’America passando per l’Europa e dalla quale dipende il nostro futuro, almeno quello più prossimo, non solo in termini economici. Il coronavirus ripropone con forza la complessa questione ambientale, accendendo un faro sullo stato di salute del nostro pianeta e offrendoci anche l’opportunità di ripensare i nostri stili di vita in un’ottica green. Ne abbiamo parlato con Vincenza Faraco, docente di chimica e biotecnologia delle fermentazioni all’Università degli Studi di Napoli Federico II e presidente dell’associazione no profit “Ciak si Scienza”.
La pandemia da coronavirus sta sconvolgendo abitudini, modi di vivere e modelli produttivi. In che modo possiamo sfruttare questa sfida per realizzare un mondo più sostenibile?
«L’agenda verde sarà il cuore della strategia di crescita dell’Unione europea. L’ha messo nero su bianco il Consiglio Ambiente dell’Unione europea, riunitosi nei giorni scorsi, che ha deliberato che la ripresa post-pandemica debba essere circolare e green. Viene riconosciuto un ruolo cruciale all’economia circolare in linea con l’azione intrapresa dalla Commissione europea che lo scorso marzo approvava l’Action plan dell’economia circolare per una Europa più pulita e competitiva, in congiunzione con il New Green Deal. L’aspetto ambientale viene messo così al centro delle politiche europee nella fase di ripresa dalla pandemia da Covid-19. Ma affinché si realizzi la transizione ecologica è importante che cambino i processi produttivi delle industrie ma anche le scelte d’acquisto dei consumatori, le azioni degli stakeholder e le decisioni degli investitori. L’Italia deve adeguarsi ai target europei e il Piano nazionale di ripresa e resilienza sta andando in questa direzione con lo stanziamento di 74,3 miliardi di euro per la rivoluzione verde e la transizione ecologia e 27,7 miliardi di euro per le Infrastrutture per una mobilità sostenibile, sui circa 200 miliardi di euro totali».
I fondi del Next Generation Italia basteranno per incentivare la transizione ecologica nel nostro Paese?
«Il Piano nazionale di ripresa e resilienza rappresenta solo una prima tappa di un percorso a lungo termine previsto dall’UE per un Paese prospero, moderno, competitivo e climaticamente neutro entro il 2050, con un primo target di taglio delle emissioni del 55% entro il 2030. Ma il fondo stanziato dall’Ue per la ripresa è una opportunità che l’Italia non si può permettere di perdere per accelerare la transizione verso un modello di sviluppo più sostenibile. Più che sulla entità del fondo, perché a mio avviso le risorse messe in campo dall’Unione europea sono cospicue, la preoccupazione resta sulla capacità dell’Italia, sia nella fase di progettazione che di attuazione e sugli aspetti normativi e gli iter burocratici spesso lunghi e farraginosi, che si possano ottimizzare per non sprecare questa grande opportunità».
Da dove partire per costruire un Paese più green?
«Uno degli obiettivi del Green deal è rendere l’Europa più verde e meno dipendente dalle fonti fossili.
L’Italia deve andare in questa direzione: ridurre le emissioni di gas serra, agevolando la riconversione verde dei processi produttivi industriali e promuovendo la mobilità sostenibile; favorire l’uso delle risorse rinnovabili; passare ad un’economia pulita e circolare, incentivando la commercializzazione di prodotti ecocompatibili e da scarti. La conversione da una economia lineare a una economia circolare riguarda tutti i settori produttivi. Quelli individuati dall’Unione europea sono tra gli altri: l’elettronica, il packaging e la plastica, l’arredamento, il tessile, l’edilizia, l’alimentare. E un ruolo chiave per l’attuazione dell’economia circolare viene attribuito alla digitalizzazione. Alla riconversione dei processi produttivi si deve accompagnare anche una riqualificazione dei profili lavorativi. L’impresa che deve sostituire un processo produttivo per renderlo green e circolare avrà bisogno di personale qualificato per poter riuscire a realizzare la transizione verso un modello di sviluppo più sostenibile».
Uno dei settori più colpiti dalla pandemia è il turismo. La crisi Covid può essere una occasione per un rilancio ecosostenibile?
«La pandemia da coronavirus sta mettendo sotto pressione in un modo senza precedenti il turismo. Ha portato alla sospensione della maggior parte dei viaggi nazionali e internazionali, causando una significativa riduzione delle entrate e creando problemi di liquidità per tutti gli operatori turistici. Ma allo stesso tempo ci offre l’opportunità per ridisegnare l’industria turistica con maggiore attenzione alla sostenibilità per risultare anche più competitivi sul mercato internazionale. Il turismo nel nostro Paese genera pressioni ambientali quindi ora più che mai un cambiamento è indifferibile. Cambiamento che può realizzarsi solo se dall’alto si realizzano delle scelte virtuose, è fondamentale che governo e ministero dell’Ambiente introducano delle nuove linee guida che vadano nella direzione dell’ecosostenibilità con meccanismi di premialità delle strutture green. Una ripresa sostenibile del turismo richiede anche trasporti accessibili e più sostenibili, migliori collegamenti, una diversificazione dell’offerta turistica, con valorizzazione delle aree interne e diffusione di un turismo di prossimità, lo sviluppo di competenze in materia di sostenibilità per i professionisti del turismo».
In questa direzione va l’offerta formativa di “Ciak si Scienza”. Cosa proponete nei vostri corsi?
«Sì, “Ciak si Scienza” propone dei percorsi professionalizzanti per creare nuovi profili di cui hanno bisogno le aziende ecosostenibili. La scorsa primavera abbiamo realizzato un corso professionalizzante per Esperto ambientale di strutture ricettive e turismo ecosostenibili, che mira a formare e promuovere nuove figure professionali che diano supporto a imprese del settore nell’attuazione di misure di salvaguardia ambientale in linea con i cambiamenti normativi che stanno avvenendo. Accanto a questo a gennaio partirà un corso professionalizzante per esperto ambientale di imprese di servizi in vari settori: sanitario, trasporto, distribuzione, consulenza, formazione. L’obiettivo è quello di formare e promuovere nuove figure professionali che diano supporto a imprese di servizi nell’attuazione di misure di salvaguardia ambientale. I corsi si rivolgono a laureandi e laureati in materie tecnico-scientifiche, ai diplomati di scuole secondarie di secondo grado o ai professionisti che lavorano in questi settori. Oltre alla formazione di esperti ambientali “Ciak si Scienza”, in collaborazione con un’Area di ricerca e servizi in Ecosostenibilità ed economia circolare (Ecircular), fornisce anche supporto alle imprese, principalmente della Campania e del Mezzogiorno, che si vogliono rendere green e che si vogliano rilanciare nell’era post-Covid in maniera competitiva anche su scala internazionale puntando sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale».
Che cos’è “Ciak si Scienza”?
«“Ciak si Scienza” è nato come canale green dell’Università Federico II di Napoli. Un canale web di divulgazione scientifica con l’obiettivo di sensibilizzare la società tutta sull’importanza del rispetto dell’ambiente e le soluzioni che si possono attuare per la salvaguardia della salute del nostro pianeta. Nasce due anni fa dall’urgente necessità di affrontare i gravi problemi ambientali causati dall’economia lineare, quali l’esaurimento delle risorse fossili, le emissioni dei gas serra e il riscaldamento globale, l’inquinamento ambientale e il difficile smaltimento dei rifiuti. Per attuare questo cambiamento è indispensabile la sensibilizzazione di tutti. Il format principale di divulgazione sono brevi video documentari diffusi su YouTube in cui trattano temi ambientali con un linguaggio semplice in modo da rendere le notizie comprensibili al grande pubblico. Questa attività è indispensabile per massimizzare l’impatto delle altre attività core di cui ci occupiamo in ambito ambientale: la formazione professionalizzante e il supporto alle imprese».
In che modo “Ciak si Scienza” sta cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del rispetto dell’ambiente anche durante l’emergenza coronavirus?
«Mentre si fa la conta dei danni enormi causati dall’emergenza coronavirus all’economia italiana, innalzare il livello dei profili lavorativi migliorandone le competenze negli ambiti della sostenibilità, della sicurezza e della salute è una assoluta priorità. Sono questi infatti temi fondamentali su cui investire alla ripartenza affinché oltre a rilanciare l’economia nel nostro paese se ne riducano anche le pressioni ambientali, che rappresentano un tema cruciale per lo sviluppo. E le attività di “Ciak si Scienza” mirano a contribuire a questo cambiamento rivolgendosi a tutti gli attori coinvolti: il mondo della ricerca, le aziende, le istituzioni e i consumatori. Organizziamo, dunque, eventi divulgativi online e per le scuole al fine di sensibilizzare i cittadini a ripensare i propri stili di consumo in un’ottica più responsabile nei confronti dell’ambiente. Alla diffusa tendenza di fornire notizie incomplete, fuorvianti o infondate sui temi ambientali, “Ciak si Scienza” vuole infatti contrapporre un’informazione basata su dati scientifici che renda i cittadini ben informati e quindi in grado di compiere scelte di acquisto green e di adottare comportamenti virtuosi per l’ambiente. La chiave di volta per uno sviluppo sostenibile è nell’approccio delle 3R (Ridurre, Riutilizzare e Riciclare) e nell’economia circolare. Offriamo consulenza alle aziende che vogliano rendersi più ecosostenibili e alle pubbliche amministrazioni. Ed, infine, puntiamo molto sulla formazione di nuovi profili professionali in grado di guidare le aziende nella transizione ecologica».