Gli Stati Uniti aprono alla web tax. Janet Yellen, prima donna a guidare il Tesoro Usa, ha detto ai ministri delle finanze del G20 che Washington è pronta ad abbandonare la cosiddetta clausola del «porto sicuro» per le multinazionali che ha finora complicato i colloqui sulla riforma della tassazione globale tra gli Stati membri dell’Ocse.
Ad annunciare la svolta è stato il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz, da tempo a favore dell’introduzione di una nuova imposta nei confronti dei colossi del web come Facebook, Google ed Amazon. Sulla stessa linea d’onda il collega francese Bruno Le Maire: «È un passo in avanti importante. Un accordo internazionale sulla tassazione dei colossi del digitale è a portata di mano». Adesso si punta a trovare un accordo di carattere internazionale entro l’estate del 2021, dal momento che si tratta di una questione definita urgente. Di ciò dovrà occuparsi il G20.
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«La riforma del sistema di tassazione internazionale è una questione urgente visto il ruolo dei servizi digitali», ha affermato il ministro dell’Economia Daniele Franco. «Molti Paesi si sono detti a favore di una soluzione globale ma il diavolo sta nei dettagli e passare da un accordo sulle linee guida a uno dettagliato con i tanti aspetti piccoli e grandi da definire non sarà una passeggiata, e la soluzione non facilissima», ha precisato Franco.
Togliere dal tavolo delle trattative uno dei più grandi ostacoli, apre ora la strade a un’intesa sulla revisione delle regole di tassazione delle imprese a livello transfrontaliero, faticosamente cercata dall’Unione europea, ma in passato fortemente osteggiata dall’amministrazione Trump. Trovare una soluzione globale non sarà affatto semplice. «Il G20 si impegnerà per raggiungere un consenso su questo tema entro la metà del 2021» si legge anche in un comunicato ufficiale.
I colossi del web come Amazon, Google e Facebook pagano la maggior parte delle tasse nel paese dell’Ue in cui hanno sede (Irlanda, Olanda, Lussemburgo per esempio). Spesso pagano molto poco nei paesi in cui raccolgono la maggior parte dei ricavi. Da tempo l’Ocse lavora a una soluzione basata su due pilastri. In base al primo, i Paesi sarebbero autorizzati ad avere alcuni diritti sugli utili fiscali realizzati sulla base delle vendite nelle loro giurisdizioni per la prima volta. Ciò non si applicherebbe solo ai giganti della tecnologia statunitensi, ma darebbe anche agli Stati Uniti, ad esempio, diritti fiscali limitati sulle società europee di beni di lusso. Il secondo pilastro implica un’aliquota fiscale minima globale per impedire ai paesi di abbassare le aliquote dell’imposta sulle società nel tentativo di attrarre le sedi fiscali delle imprese nelle loro giurisdizioni.