In Europa non c’è posto per la discriminazione. I rappresentanti di 16 Paesi della Ue hanno sottoscritto un documento di condanna della legge che limita i diritti delle persone Lgbt recentemente introdotta in Ungheria attraverso un voto del Parlamento. «Alla luce delle minacce contro i diritti fondamentali e in particolare del principio di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale esprimiamo il nostro attaccamento ai nostri valori comuni fondamentali, sanciti dall’articolo 2 del Trattato dell’Unione europea». Tra i firmatari anche il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente del governo spagnolo Pedro Sànchez e il premier olandese Mark Rutte.
Hate, intolerance and discrimination have no place in our Union. That’s why, today and every day, we stand for diversity and LGBTI equality so that our future generations can grow up in a Europe of equality and respect. pic.twitter.com/a7LuZX8M3E
— Palazzo_Chigi (@Palazzo_Chigi) June 24, 2021
«Dobbiamo continuare – scrivono i 16 leader europei– a combattere contro le discriminazioni verso la comunità Lgbti, riaffermando la nostra difesa dei loro diritti fondamentali. Il rispetto e la tolleranza sono il cuore del progetto europeo. Siamo impegnati a portare avanti questo sforzo, assicurandoci che le future generazioni europee crescano in un’atmosfera di uguaglianza e rispetto». Un messaggio che arriva in giorni in cui il tema è stato sulle prime pagine non solo in Italia – con l’iniziativa del Vaticano di chiedere la modifica del ddl Zan -, ma anche in Europa con lo scontro frontale tra l’Ungheria e il suo premier Viktor Orbàn e l’Unione Europea.
L’origine del confronto è la legge approvata di recente in Ungheria che avrà l’effetto non solo di vietare alle associazioni della comunità Lgbt+ di dare informazioni sull’omosessualità, censurando libri per ragazzi che parlano apertamente di omosessualità e bloccando la trasmissione tv in prima serata di serie e film anche noti. Gli strascichi di questo scontro hanno avuto i loro effetti visibili anche agli Europei nella partita Germania-Ungheria, con la storia dello stadio di Monaco di Baviera che le autorità tedesche volevano color arcobaleno, il successivo no della Uefa, la rinuncia di Orbàn ad andare allo stadio e, infine, l’esultanza del calciatore tedesco Leon Goretzka che ha segnato il gol del 2-2 finale facendo il segno del cuore.
L’iniziativa dei 16 capi di Stato e di governo non menziona esplicitamente la legge varata di recente dall’Ungheria, ma è scritta nell’ambito della giornata dell’orgoglio Lgbti del 18 giugno. «In occasione della giornata dell’orgoglio Lgbti, il 28 giugno, e alla luce delle minacce contro i diritti fondamentali, ed in particolare il principio di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, esprimiamo il nostro attaccamento ai nostri valori comuni fondamentali. Inclusione, dignità umana, eguaglianza sono valori centrali dell’Unione Europea e non possono essere compromessi». La dichiarazione congiunta conclude sollecitando la Commissione Europea «in quanto garante dei Trattati a usare tutti gli strumenti a sua disposizione per assicurare il rispetto di tutte le leggi della Ue». Il documento è stato firmato da Italia, Francia, Germania, Belgio, Grecia, Cipro, Olanda, Spagna, Svezia, Lussemburgo, Irlanda, Lettonia, Lituania, Estonia, Finlandia e Danimarca.
La legge votata dal parlamento di Budapest (solo dai partiti della maggioranza fedele a Orban) vieta la rappresentazione di qualunque orientamento sessuale che non sia quello etero per chiunque abbia un’eta inferiore ai 18 anni. Il divieto riguarda l’insegnamento nelle scuole ma investe anche la programmazione televisiva, la pubblicità, il cinema. Bruxelles sta considerando l’ipotesi di mettere ufficialmente sotto accusa Viktor Orban anche per questo provvedimento aprendo una procedura d’infrazione. «Stiamo esaminando la normativa per vedere in che misura violi le norme Ue perché riguarda l’istruzione, la libertà di espressione, per me riguarda anche la questione della discriminazione. Dobbiamo trovare la base giuridica adatta, ci serve tempo per trovare la soluzione giusta» ha detto la vicepresidente della Commissione Vera Jourova.