Tutti i vaccini sono efficaci contro la variante Delta che sta mettendo in allarme il Regno Unito e il resto d’Europa. Dopo due dosi proteggono dai casi gravi e dai ricoveri: è quello che continuano a ripetere gli esperti cercando di premere l’acceleratore sulla campagna vaccinale. L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un nuovo rapporto con i risultati delle indagini sulla prevalenza delle varianti del coronavirus in Italia: basandosi su un campione di 736 sequenziamenti, la stima è che la variante delta riguardi il 22,7% dei casi di positività rilevati, mentre quella alfa (conosciuta in precedenza come “variante inglese”) è scesa al 57,8%. La presenza della variante è riscontrata in 16 regioni con punte di prevalenza al 70,8%.
Entrando nello specifico dei valori delle singole regioni, il ceppo proveniente dall’India è arrivato al 70,8% in Friuli-Venezia Giulia. In Sardegna è al 67%, in provincia di Bolzano al 60%, in Abruzzo al 56%, nelle Marche al 44%, in Lombardia al 38%, in Liguria al 33%, in Calabria al 30%, in Campania al 29,5%, in Emilia-Romagna al 23%, in Puglia al 16%, in Veneto all’11%, in Toscana al 7%, in Piemonte al 5% e in Sicilia al 3%. Non sono stati trovati casi, invece, in Basilicata, Molise, provincia di Trento, Umbria e Val d’Aosta.
«Per la variante Delta non dobbiamo preoccuparci troppo perché sappiamo che non elude i vaccini. Chiunque dica che i vaccini non danno sicurezza per la variante Delta dice una stupidaggine. Dobbiamo completare le seconde dosi, andare avanti e vaccinare quanto più possibile la popolazione»: è il punto di vista del sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, intervistato a Sky Tg24.
Un nuovo studio con dati dal mondo reale sulla popolazione vaccinata in Usa ha verificato un’efficacia dopo la prima dose di Pfizer dell’80% e di Moderna dell’83%, uno studio pubblicato su Lancet ha fissato a 76% l’efficacia di AstraZeneca. Questi numeri cambiano in presenza della variante Delta, destinata a diventare prevalente in Italia e già dominante nel Regno Unito: dati inglesi mostrano un calo di protezione 4 settimane dopo la prima dose per Pfizer al 36% e per AstraZeneca al 30%, percentuali molto basse. Si parla di efficacia su casi sintomatici rilevati, quindi quel che ci dicono questi dati è che chi ha ricevuto una sola dose di vaccino ha un rischio di contagio molto maggiore nel caso della variante Delta.
L’efficacia della vaccinazione completa è stata stimata nel Regno Unito per Pfizer al 79% con la variante Delta (confrontato con il 92% sulla Alfa) e per AstraZeneca del 60% con la Delta contro il 73% verso la Alfa. Moderna, la cui efficacia dopo due dosi è stimata poco sopra il 94%, ha appena pubblicato i risultati di un piccolo studio effettuato in India in laboratorio, dove si riscontrano riduzioni modeste (da 3,2 a 2,1 volte) per le varianti Delta e Kappa (altra variante indentificata in India), ma i dati hanno anche mostrato che il vaccino è stato molto più efficace nel produrre anticorpi contro la variante Delta rispetto alla variante Beta, identificata per la prima volta in Sud Africa. Il vaccino di Johnson & Johnson si è dimostrato efficace contro la variante Delta anche otto mesi dopo l’inoculazione, con un piccolo calo di potenza. L’ipotesi che sia immediatamente necessaria una seconda dose di vaccino per chi ha fatto un monodose, sembra tramontata. Il vaccino ha mostrato un’efficacia dell’85% contro le malattie gravi.
L’efficacia dei vaccini in generale misura i casi positivi di Covid evitati, ma in realtà questi farmaci sono stati studiati soprattutto per evitare la malattia grave e i decessi da coronavirus. Su questo parametro tutti i prodotti sono efficaci nel prevenire il 100% di casi gravi e decessi. I primi riscontri ci dicono che la doppia dose protegge bene dal rischio di ospedalizzazione e morte, anche con la Delta, anche se in maniera lievemente inferiore: Pfizer è risultato efficace al 94% dopo la prima dose e al 96% dopo la seconda. AstraZeneca previene i ricoveri con efficacia al 71% dopo la prima dose e 92% con la seconda.