Ora è ufficiale: la variante Delta è dominante in Italia. Corre velocissima. Trova casa tra i più giovani e tra chi non ha ancora completato il ciclo vaccinale. «La prevalenza delle varianti mostra come la Delta sia ormai dominante in Italia, la gamma è invece contenuta ed è in declino la variante Alfa. La sua rapida diffusione deve essere monitorata con grande attenzione. È necessario completare il vaccino più velocemente possibile», ha spiegato il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro.
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In Italia al 20 luglio la prevalenza della variante Delta era del 94,8%, in forte aumento rispetto alla indagine del 22 giugno, con valori oscillanti tra e singole regioni tra 80% e100%. Lo rileva l’ultima indagine rapida sulle varianti dell’Iss. Nella precedente indagine la variante delta rappresentava solo il 22,7% dei casi. Calano invece al 3,2% i casi di variante alfa (inglese) che lo scorso 9 luglio erano al 57,8%.
Sono otto le regioni nella quali la variante Delta rappresenta il 100% dei casi: Basilicata, Liguria, Alto Adige, Molise, Toscana, Sardegna, Umbria e Val d’Aosta. In Veneto siamo al 97,2%, in Piemonte al 96,4%, in Lombardia al 95,3%, nel Lazio al 94,7%, in Emilia Romagna al 92,9%, in Campania al 92,8%. Sotto quota 90% solo Puglia (80%), Abruzzo 85,7% e Calabria 83,3%.
«Anche contro la Delta il primo e più importante antidoto è completare il ciclo vaccinale – ha spiegato Brusaferro – La vaccinazione riduce in modo significativo il rischio di contrarre infezione, di ospedalizzazione e morte e questo vale per tutte le fasce di età e per tutti i vaccini. Da qui l’importanza di completare il ciclo vaccinale, perché il ciclo completo è estremamente efficace nel ridurre anche le possibilità di contrarre l’infezione».
In Italia inoltre «è da segnalare, se pur estremamente contenuto, l’aumento della variante Beta (B.1.351 o sudafricana)» di Sars-CoV-2, «maggiormente caratterizzata da una parziale immuno-evasione» e quindi dal pericolo di ’bucare’ i vaccini. «Mentre la prevalenza della variante Gamma (P.1 o brasiliana) è diminuita drasticamente in tutto il Paese». È uno degli altri elementi evidenziati nell’ultima indagine rapida condotta dall’Istituto superiore di sanità e dal ministero della Salute, insieme a Regioni e Fondazione Bruno Kessler.