Dopo 22 mesi di incubo Patrick Zaki è libero. Lo studente egiziano dell’università di Bologna detenuto in Egitto dal febbraio 2020 con motivazioni politiche, è stato scarcerato dalle autorità egiziane, dopo che un tribunale martedì ne aveva ordinato la scarcerazione in attesa delle prossime udienze. La notizia è stata data dall’Egyptian Initiative for Personal Rights, l’ong con cui Zaki collaborava e che si è occupata a lungo del suo caso.
Le prime foto diffuse lo ritraggono davanti a un commissariato di Mansura, mentre abbraccia la madre, la sorella e la fidanzata subito dopo la liberazione. Zaki è stato rilasciato alle 15 locali, le 14 italiane. In un video pubblicato da Corriere della Sera lo si vede che dice «tutto bene» e «forza Bologna», in italiano (Zaki è notoriamente tifoso della squadra di calcio del Bologna).
باتريك خرج Patrick has been just released! pic.twitter.com/vp0GQ83UOv
— المبادرة المصرية للحقوق الشخصية (@EIPR) December 8, 2021
Zaki è stato liberato, ma non assolto. Restano infatti ancora in piedi le accuse a suo carico, ovvero minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo. La prossima udienza è fissata per il primo di febbraio.
L’ordine di scarcerazione è una notizia molto importante nella vicenda che dura da quasi 2 anni. Finora la detenzione preventiva di Zaki era stata sistematicamente prolungata, in attesa del processo, iniziato il 14 settembre nella città egiziana di Mansura. Patrick Zaki stava frequentando un master in Studi di Genere e delle Donne all’Università di Bologna quando, nel febbraio del 2020, era stato arrestato in aeroporto al suo arrivo in Egitto, dove contava di trascorrere un breve periodo di vacanza con la famiglia. Le accuse riguardano un articolo pubblicato nel 2019 sul giornale Daraj, in cui Zaki criticava il governo egiziano per il trattamento riservato alla comunità cristiana copta (a cui la famiglia Zaki appartiene).
Immediatamente dopo l’arresto, aveva raccontato il suo avvocato, Zaki era stato torturato: dopo essere stato bendato, era stato portato a Mansura, la sua città natale, dove era stato picchiato, spogliato, sottoposto a scosse elettriche, oltre che abusato verbalmente e minacciato di stupro. Nei mesi successivi era stato trasferito dal carcere di Mansura alla prigione di Tora, al Cairo, nota per ospitare i prigionieri politici, ed era stato detenuto in condizioni dure e degradanti. Per molti mesi gli era stata negata la possibilità di comunicare con l’esterno e di ricevere visite dalla famiglia. Alla vicenda di Zaki si sono interessate diverse organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani, oltre che funzionari del ministero degli Esteri italiano e dell’Unione Europea.
Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, dopo la scarcerazione di Patrick Zaki ha twittato: «Un abbraccio che vale più di tante parole. Bentornato Patrick Zaki!». E Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, dopo il rilascio dello studente ha dichiarato: «Aspettavamo di vedere quell’abbraccio da 22 mesi e quell’abbraccio arriva dall’Italia, da tutte le persone, tutti i gruppi e gli enti locali, l’università, i parlamentari che hanno fatto sì che quell’abbraccio arrivasse. Ora che abbiamo visto quell’abbraccio aspettiamo che questa libertà non sia provvisoria ma sia permanente e con questo auspicio arriveremo al primo febbraio, udienza prossima».
Un abbraccio che vale più di tante parole.
Bentornato #PatrickZaki! pic.twitter.com/M5xZeB8MK3— Luigi Di Maio (@luigidimaio) December 8, 2021