Dopo un dibattito molto acceso, il governo introduce fino al 15 giugno l’obbligo vaccinale per tutti gli italiani — e gli stranieri residenti in Italia — che hanno compiuto i 50 anni. Chi ha un lavoro, a partire dal 15 febbraio dovrà mostrare il Green pass rafforzato. Palazzo Chigi ha chiarito che l’obbligo decorre subito e se non ci si vaccina entro il 1° febbraio scatta una sanzione di 100 euro “una tantum” a partire dal 1° febbraio. La sanzione sarà irrogata dall’Agenzia delle entrate incrociando i dati della popolazione residente con quelli risultanti nelle anagrafi vaccinali regionali o provinciali. E non è escluso un rafforzamento dei controlli a campione da parte delle forze di polizia. Forze dell’ordine alle quali spetterà anche la gestione delle proteste dei no vax e di chi contesta le scelte del governo in programma per i prossimi giorni in tutta Italia.
Sull’obbligo però il governo non torna indietro come ha fatto capire il presidente del Consiglio Mario Draghi sottolineando che la scelta di imporlo ha uno scopo preciso: ridurre le ospedalizzazioni proprio nelle classi d’età in cui i ricoveri sono più ricorrenti. Come si può spiegare una tale opposizione tra scienza e politica? Se lo è chiesto il professor Alberto Donzelli, specialista in Igiene e Medicina preventiva, prendendo la parola durante il convegno scientifico “Pandemia ,invito al confronto”, organizzato dal Coordinamento 15 ottobre e dall’Associazione ContiamoCi!. A mancare, però, è stato ancora una volta il confronto, in quanto nessun rappresentante del Comitato tecnico scientifico governativo ha accolto l’invito enunciato dal titolo del convegno.
Nel suo intervento il fondatore della Fondazione Allineare Sanità e Salute ha mostrato come i dati sui positivi al tampone dei vaccinati superino quelli non vaccinati. «Le vaccinazioni non proteggono dall’infezione ma dalla mortalità da Covid e dalla malattia in forma severa per un numero rilevante di mesi, anche se le dimensioni di questa protezione sono per diversi motivi sovrastimate nella narrazione che ne viene fatta. Da un lato, perché gli eventi avversi che insorgono nei primi 14 giorni dopo l’inoculazione sono messi a carico dei “non vaccinati”; dall’altro, perché gran parte dei soggetti che hanno superato l’infezione e hanno per questo una protezione molto alta, sono poi stati vaccinati e conteggiati come vaccinati, ma i loro eccellenti risultati non sono solo o soprattutto merito dei vaccini, bensì proprio del superamento dell’infezione naturale».
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Ci sono diversi dati ufficiali che sembrano mettere in discussione tutto l’impianto narrativo usato dal governo italiano in tema di sanità. «Ad esempio in Qatar i dati dimostrano un aumento delle infezioni tra i soggetti vaccinati con doppia dose rispetto a chi non ha fatto il vaccino. La stessa cosa è successa in Svezia. Uno studio dimostra chi l’efficacia pratica dei vaccini diminuisce tra i soggetti anziani, i fragili e per chi ha patologie gravi. Dopo 9 mesi i vaccinati hanno un rischio maggiore di infettarsi rispetto ai non vaccinati».
Ci sono poi i dati che arrivano dal Regno Unito che certificano come i contagi di Covid si stiano diffondendo sempre di più tra le persone vaccinate. «Il report dell’Uk Health Security Agency dimostra – spiega Donzelli – che tra le diverse fasce d’età l’impatto della variante Omicron pesa di più sulle persone vaccinate (+941 nella 36 settimana, +3033 nella 50esima settimana)». A confermare l’inefficacia dei vaccini a mRna i dati che arrivano dalla Danimarca. «La protezione è minima, si parla del 55% con Pfizer immediatamente dopo la seconda dose e del 36% con Moderna. Percentuali che scendono con il passare delle settimane: dopo tre mesi la protezione arriva a zero, dopo 4 mesi sottozero. Questo significa che vaccinati si contagiano di più rispetto a chi ha deciso di non sottoporsi a vaccinazione contro il Covid-19».
Si aggiungono i dati della Germania pubblicati lo scorso 30 dicembre dal Robert Koch Institut. «I dati tedeschi – rileva Donzelli – ci dicono che ci sono stati il 98,58% di casi di variante Omicron tra i vaccinati contro i 4,42% tra i non vaccinati. Peccato però che i vaccinati con due dosi nella popolazione sono il 71%, molto meno di quella che è la percentuale effettiva di infezione».
«Davanti a dati di questo genere si ha il coraggio di spingere la vaccinazione? Di estendere l’obbligo vaccinale a tutti i lavoratori? E soprattutto di vaccinare i bambini con la prospettiva di inocularli a vita?» si chiede ironico Donzelli.