I Grammy Awards slittano. Gli Oscar della musica sono stati spostati a data da destinarsi perché, si legge in una nota di Recording Academy e Cbs, «la salute della nostra comunità musicale e del pubblico resta la nostra priorità. A causa dell’incertezza sulla variante Omicron prevedere lo show il 31 gennaio comporta troppi rischi». Anche i Golden Globes hanno comunicato che domenica prossima la serata dei premi sarà in forma ridotta senza pubblico, vip e tappeto rosso. E sempre per colpa di Omicron, l’ultima variante del Covid, il festival di Sundance, la rassegna del cinema indipendente fondata da Robert Redford, si terrà a Park City nello Utah esclusivamente online. Riprogrammati in autunno molti tour e concerti annunciati per l’inizio del 2022.
Il Festival di Sanremo, invece, imperterrito va avanti, mantenendo le date fissate dall’1 al 5 febbraio, incurante del fatto che potrebbero coincidere con il picco dei contagi e con l’ingresso della Liguria nella zona arancione, indifferente ai problemi che comporta alla salute dei partecipanti – siano essi operai, tecnici o cantanti – e del pubblico.
Sanremo come la Serie A di calcio. Avanti a tutti i costi per rispettare gli accordi televisivi e pubblicitari. Si possono perdere pezzi, ma il calendario deve essere osservato rigorosamente. Non si può far slittare il campionato, non si può rinviare il Festival. Accadde lo scorso anno e le conseguenze furono deleterie. Ne sono convinti gli “strateghi” della Rai. Così quest’anno, Covid o non Covid, si è cercato di “tamponare” le falle apertesi la scorsa edizione. Il Festival è tornato nelle sue date tradizionali d’inizio febbraio ed è stato rispolverato qualche “dinosauro” per ritrovare il pubblico di nonne e nonni rimasti disorientati dall’inizio posticipato e da così tanti ragazzi sconosciuti in gara. Soluzioni ritenute adeguate da offrire come garanzie a chi investe in pubblicità e non è certo contento delle critiche, del calo degli ascolti e dello spostamento degli spettatori dagli schermi del televisore a quelli di YouTube. Nessuno si è chiesto, però, se in un Paese in coda agli hub e alle farmacie, terrorizzato dal virus e dalle nuove varianti, afflitto dall’impossibilità di vivere normalmente, infuriato per l’aumento delle tariffe, ci sia davvero voglia di divertirsi. Davvero c’è qualcuno che pensa che gli italiani vogliano far festa? Amadeus torna ad apparire come Maria Antonietta che voleva distribuire brioche al popolo affamato.
Il calcio va avanti anche se alcune partite salteranno, scombinando il calendario e condizionando il campionato. Sanremo s’ha da fare, anche se verranno annullate le manifestazioni collaterali, se non ci sarà il tappeto rosso, se la presenza della stampa sarà ridotta, se le poltrone dell’Ariston rischiano di rimanere vuote come lo scorso anno. Invece di concentrarsi sullo spettacolo, si bada al protocollo di sicurezza per avere le carte in regola per andare in onda. L’importante è fare cassa, perché non si possono perdere 37,4 milioni di euro (per un guadagno di quasi 20 milioni netti), quanto sono stati gli introiti pubblicitari delle ultime edizioni. Amadeus voleva fare cantare gli ospiti italiani nella piazza di Sanremo, con Tommaso Paradiso a fare da conduttore, dovrà accontentarsi invece della nave Costa Crociere, tornata alla ribalta anche questa volta, dove la padrona di casa, Orietta Berti (ancora lei!) ospiterà diversi artisti durante le cinque serate.
D’altronde il Festival, come da tempo viene ripetuto, è un evento televisivo, che non ha nulla a che vedere con la canzone italiana. A questa, alla “vera” canzone italiana, quella che suda sui palchi e non si lascia abbagliare dalle luci della tv, occasioni e spazi vengono negati. Peccato che nel nostro Paese non ci sia un «oscuro burocrate» come quello australiano che ha fermato Djokovic, ricordando che «i vincenti non devono vincere sempre», come scrive Gramellini.