All’inizio era impossibile trovarle se non a prezzi folli. E adesso, invece, quelle inutilizzabili devono essere bruciate. È questa la fine che è stata decretata per le mascherine acquistate durante il periodo iniziale della pandemia dalla struttura commissariale per l’emergenza coronavirus all’epoca guidata da Domenico Arcuri per essere distribuite a Regioni, Comuni e scuole. Alcuni però non le hanno mai richieste, altri le hanno rispedite al mittente perché considerate inutili. E oggi ancora di più dal momento che si utilizzano le chirurgiche e le FFP2, obbligatorie in alcuni contesti.
Sono per lo più mascherine fatte di tessuto, con una scarsa capacità di filtrare l’aria, non certificate. E sono tantissime: 218 milioni e 500mila, secondo l’ultima ricognizione. Non sono state mai aperte e sono ancora oggi custodite in grandi scatole all’interno di depositi. Dopo aver cercato invano di venderle, la struttura commissariale ha pubblicato un bando per affidare l’impegnativo e costoso smaltimento. Dopo aver raccolto alcuni preventivi, la scelta è ricaduta su A2A, una grande azienda che si occupa dei rifiuti di molte città del Nord, dalla raccolta fino allo smaltimento. A2A si è quindi aggiudicata un affidamento di quasi 700mila euro netti, per la precisione 698mila euro più IVA.
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Le mascherine, chiamate di “comunità”, erano state comprate durante la gestione del commissario Domenico Arcuri. Nei primi mesi dell’epidemia, Arcuri dovette far fronte a una grave carenza di mascherine a causa della notevole richiesta che in tutto il mondo aveva superato la capacità di produzione. La struttura commissariale riuscì ad acquistarne milioni grazie ad alcuni intermediari che aprirono dei canali commerciali con aziende estere, soprattutto cinesi. Circa 1,25 miliardi euro per fronteggiare l’emergenza Covid sono stati dirottati verso l’acquisto di mascherine e dispositivi di protezione individuali ritenuti in parte «non a norma». L’ipotesi della Procura della Repubblica di Roma è che l’autorizzazione sia arrivata dall’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, per questo iscritto nel registro degli indagati per peculato e abuso d’ufficio.
Quando Figliuolo venne nominato commissario per l’emergenza nel marzo 2021, si rese conto che le mascherine erano diventate un problema perché non più utilizzabili e soprattutto ingombranti. In attesa di capire cosa farne, da aprile 2021 oltre 218 milioni di mascherine, dal peso totale di 2.500 tonnellate, vennero quindi trasferiti in diversi depositi gestiti da SDA tra il Nord e il Centro, a un costo di stoccaggio di 313mila euro al mese. Consapevoli che i costi non sarebbero stati sostenibili per un lungo periodo, lo scorso anno i funzionari della struttura commissariale avevano pubblicato due indagini di mercato, la prima a giugno e la seconda a ottobre, per capire se sul mercato ci fossero aziende disponibili ad acquistarle. A entrambi i bandi non si presentò nessun possibile acquirente.
La struttura decise così di smaltire definitivamente le 2.500 tonnellate di mascherine. Nella determina di affidamento, che ripercorre la gestione di queste mascherine, la struttura commissariale chiarisce che «le mascherine non sono mai state richieste né dalle regioni né dagli altri enti convenzionati e oggi non trovano più possibilità di impiego determinando quindi la definitiva impossibilità di utilizzo». Inoltre, sempre la determina spiega che «l’utilizzo di tali manufatti non è più consentito dalle norme in vigore in quanto trattasi di dispositivi non certificati, con scarsa capacità filtrante non conformi ai requisiti di legge».
La A2A ha già iniziato la ricognizione in tutti i depositi dove sono custodite le mascherine per iniziare le analisi in vista dello smaltimento. È stato stimato che l’8% delle 2.500 tonnellate sarà recuperato come materiale di riciclo. È una percentuale costituita prevalentemente da carta e materiale plastico. L’azienda spiega che il restante 92% delle 2.500 tonnellate, cioè il tessuto, sarà «destinato al recupero energetico presso gli impianti di termovalorizzazione del gruppo». In sostanza, saranno bruciate per produrre energia. Secondo i piani operativi di A2A forniti alla struttura commissariale, i depositi che si trovano nelle regioni del centro saranno svuotati entro il 25 marzo, quelli nelle regioni del nord entro la fine del mese.